“Ma su certe pareti di caverne, si trovano quelle che gli studiosi della preistoria chiamano le mani negative. […] La mano che dipinge non disegna sé stessa; viene appoggiata sulla parete della caverna e la si contorna di pittura spruzzandovela sopra. Quando la si toglie è una mano non disegnata ad apparire. Il risultato della separazione fisica dal corpo della madre potrebbe essere dello stesso tipo. L’uomo preistorico non ha aspettato noi per sapere cosa è il negativo.” (Green, L'intuizione del negativo in Gioco e realtà, 2011, p. 62)
Il titolo di questo piccolo lavoro prende a prestito il movimento compiuto da Freud nel suo celebre psicopatologia della vita quotidiana (1901) per mostrare come il negativo sia una categoria, o sarebbe meglio dire, una funzione dell’apparato psichico, di cui continuamente facciamo esperienza nella vita ovvero qualcosa che consente il darsi della vita stessa e dell’attività di pensiero per come la conosciamo. Una vita in cui è solo il sì a prevalere è una vita destinata al falso sé compiacente, alla sottomissione mimetica. Ogni vita ha bisogno tanto del sì, intesa come affermazione originaria dell’altro che ci ha desiderato, quanto del no, del limite, del confine, dell’opacizzazione dell’altro, del soggetto che emerge dall’oggetto attraverso la sua negazione. Una mirabile espressione della questione la troviamo condensata in quel testo-miniera che è il lavoro del negativo di André Green recentemente riedito da Mimesis con la prefazione di Maurizio Balsamo (2025): perché si costruisca l’Io del bambino, che gli permetta di dire di sì a sé stesso, è essenziale che la madre accetti che egli possa dirle di no. Non solo sotto la forma del "tu sei cattiva" ma anche eventualmente "tu non esisti". Non c’è dubbio che Winnicott sia stato un pioniere del negativo nell’aver coniato il concetto di non-me, ed è Green (2011) stesso a riconoscergli in questo e in altri concetti, ivi compreso quello di oggetto transizionale - che è e non è il seno allo stesso tempo - questa implicita scoperta. In questo senso il negativo si presenta ai nostri occhi come il bambino che nella negazione, nei suoi diversi gradienti costruttivi, dall’allontanamento fino al rifiuto del comando materno, crea uno spazio, afferma sé stesso, prende parola, viceversa l’infans sottomesso all’ingiunzione materna è un bambino spossessato, è un bambino che viene parlato, non parla. Nello stesso ordine del discorso possiamo inserire la nascita dello psichismo, della capacità rappresentazionale, del simbolo, del linguaggio: l’operazione simbolica è un’operazione negativa. Detto altrimenti il bambino psicoanalitico che allucina il seno lo fa quando questo manca, è l’assenza a generare l’immagine. Allo stesso modo la genesi del linguaggio si deve alla negativizzazione della cosa, non ci può essere parola se si resta ancorati alla percezione: si potrebbe dire che le parole impoveriscono le cose mentre cercano di descriverle, e tuttavia è proprio la distanza dalla percezione, il negativo, a permetterne la rappresentazione: è quello che ci ha ricordato Arturo Mazzarella durante la mattinata scientifica del 15/03/2025 dedicata al rapporto tra Green e la letteratura quando citando Wittegenstein (1980) diceva “noi siamo in guerra con le parole”. Questa modalità, sono tentato di dire “positiva”, di proporre un discorso sul negativo intende mettere in evidenza la sua articolazione costruttiva, di organizzatore, la funzione soggettualizzante direbbe Green, in contrasto con la forse più conosciuta e più esplorata, perché psicopatologica, funzione disoggettualizzante, la perdita di senso, la distruttività, il narcisismo negativo, l’investimento del disinvestimento, del buco. Se nella psicopatologia della vita quotidiana Freud vuole mostrare il continuo scivolamento dell’inconscio sulla coscienza, il tentativo del rimosso di fare ritorno sotto forma di lapsus, atti mancati, dimenticanze, qui si vuole mostrare il continuo lavoro del negativo nel congiungersi ad ogni affermazione, svolgendo il compito di delimitarla, ritagliarla, consentirgli un senso: nel negativo la firma del soggetto che riduce, depotenzia, limita l’influenza dell’oggetto. La psicoanalisi stessa, intesa come scoperta dell’inconscio, sembra fondarsi sull’emersione del negativo: se la coscienza è il positivo, l’inconscio è il negativo. Naturalmente quest’ultima affermazione non deve essere fuorviante, assimilare l’inconscio al negativo, cioè sostantivare il negativo, significa non riconoscere la portata positiva dell’inconscio, in altre parole, il sessuale, il perverso polimorfo, il pulsionale, le forze di Eros. Il negativo non può essere inteso come mero rovesciamento o contrario del positivo, piuttosto va inteso come l’occultato, come il lasciato a margine: l’altra scena. Il negativo di una foto ad esempio non è certamente un’immagine vuota ma, per l’appunto, il suo negativo. In quest’ottica se la psicoanalisi è con i Bernfeld (1991):“una scienza delle tracce e deposito del sapere riguardante le tracce lasciate dai processi psichici” non può che essere anche una scienza del negativo. Il negativo dunque, nella sua scoperta in analisi, ad esempio nel sogno, ha una azione retroattiva sul positivo, potremmo dire insomma, azzardando una sintesi forse audace, che l’apres coup è l’azione trasformativa del negativo sul positivo. Il ritorno del rimosso, il ritorno dello scisso, il ritorno persino del forcluso mediante allucinazione, sono modalità di ritorno del negativo nel tentativo di reintegrarsi nell’Io. Ancora, il metodo stesso su cui l’analisi si fonda, la sua regola fondamentale delle libere associazioni, è il regno del negativo, Green (1996) lo delinea: “che significa l’associazione libera se non l’allentamento della morsa del positivo che costringe la coscienza?”. D’altro canto mi sembra molto importante dialettizzare la dimensione negativizzante del dispositivo psicoanalitico insita nella regola fondamentale di “comunicare tutto” con il celebre diritto al segreto di Piera Aulagnier (2019): l’associazione libera come metodo per far emergere l’inconscio nasce in ambito nevrotico, registro nel quale il soggetto è nato, ha messo in atto la rimozione di fronte all’eccesso pulsionale, ha istituito, mediante la funzione negativizzante, uno spazio privato del sé, il soggetto nevrotico è un soggetto che ha potuto dire di no alla madre, un soggetto emerso da un’oggetto che ne ha autorizzato la funzione di pensare segretamente. Viceversa dove il diritto al segreto è negato, dove l’oggetto impone all’infans di dire tutto, è proprio la funzione costruttiva del negativo ad essere interdetta. Un altro modo di intercettare il negativo della vita quotidiana, la sua funzione costruttiva, si può ravvisare nella tranquillità con la quale salutiamo i nostri cari uscendo di casa al mattino, mettendoli tra parentesi per tutto il giorno, nella certezza di ritrovarli alla sera. Questa è del resto una buona descrizione dello spazio transizionale di Winnicott, lo spazio intermedio nel quale la bocca e il seno, dopo essersi separati, vivono la possibilità di riunirsi. Si tratta, nella descrizione di Winnicott (1971), della radicata fiducia nel ritorno dell’oggetto in un tempo x+y, il soggetto è tale perché è in funzione il principio speranza del ritorno, viceversa, quando l’oggetto non torna oltre un tempo x+y+z, il soggetto è traumatizzato, non c’è più speranza del ritorno, c’è allucinazione negativa: non importa se la madre è ancora viva, essa è psichicamente morta, la realtà percettiva viene negativizzata. Allora in questo senso comprendiamo come la compresenza di positivo e negativo nel rapporto con l’oggetto sia la leva necessaria all’istituirsi del soggetto: un’esperienza in cui il soggetto non è né schiacciato sul polo dell’onnipotenza simbiotica dove non dispone delle sue potenzialità perché non esiste separato, né schiacciato sul polo dell’attesa disperata di un oggetto che non tornerà mai in cui il soggetto è costretto ad investire il nulla perché è tutto il positivo che ha. Il negativo della vita quotidiana che propongo qui di considerare è la funzione della mente che ci fa vivere separati pur essendo uniti, che ci fa essere noi stessi mettendo alla giusta distanza l’influenza dell’altro, è il riconoscimento del debito che abbiamo con l’altro e la necessità di prenderne le distanze, è la trasformazione del passato in storia, è la ripresa soggettiva dell’esperienza vissuta e fornita dall’oggetto. L’operazione di traduzione psichica del passato per renderlo storia, l’operazione analitica, è un’operazione negativa.
Aulagnier, P. (2019). Il diritto al segreto: condizione per pensare. Richard e Piggle , 27(4 ), 358-373.
Bernfeld, S., & Bernfeld, S. (1991). Per una biografia di Freud. Bollati Boringhieri, 1991.
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Green, A. (2011). L'intuizione del negativo in Gioco e realtà. In A. Green, Giocare con Winnicott (p. 43-62). Rosenberg & Sellier, 2020.
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