W. Kandinskij, Giallo, rosso, blu, Olio su tela, 1925, Centre Pompidou, Parigi.
Il mio incontro con la psicoanalisi avvenne, ancora liceale, in una lezione di letteratura comparata a Villa Mirafiori. Un intreccio di passioni e questioni fondamentali (Aulagnier). Alcuni cambiamenti legislativi erano, tuttavia, già in atto e mi ritrovai ad intraprendere altri studi. Dissetata dalla petit soda lacaniana, si pose sul mio tragitto il divieto di un petit soldat.
Sono trascorsi venti anni, hanno continuato ad animarsi in me intime e profondissime predilezioni (Balsamo) e la promessa di un nuovo incontro, questa volta da non mancare, si rinnova nella giornata di studio intercentri su Green e la letteratura, promossa dal Centro Psicoanalitico di Roma e dal Centro Psicoanalitico di Firenze.
Attorno al nucleo del dibattito si intrecciano l’inconscio e l’opera letteraria. Come possiamo leggere questa presenza senza scivolare in una riduzione psicobiografica o patografica? È questo il viaggio che compie Green attraverso la letteratura, nel suo libro La lettera e la morte. Le parole nella giungla, di cui Valter Santilli ha curato l’edizione italiana, con il prezioso contributo di Gianni De Renzis.
La mattinata di studio viene aperta da Cecilia Ieri, Segretario del CPF, che condivide un proprio tema al lavoro: il dinamismo tra transito e topoi. Qualcosa, dice C. Ieri, che sta per accadere, ma allo stesso tempo è necessario che rimanga irrealizzato.
Prende la parola Maurizio Balsamo – Segretario del CPdR – che, partendo dal testo di Green Slegare Psicoanalisi, antropologia e letteratura, introduce la nozione di psicoanalisi applicata, riformulata da Laplanche in termini di decentramento: la psicoanalisi fuori le mura.
In realtà, il rapporto di Green con la letteratura non coincide con quello della psicoanalisi tout court.
Ci troviamo di fronte ad una psicoanalisi non semplicemente applicata, ma implicata, ad una analisi del discorso che si avvicina alla testo-analisi di Bellemin-Noël.
Nell’atto di lettura è in gioco l’inconscio del lettore che incontra l’inconscio del testo: ma a chi appartiene l’inconscio del testo? Non certo all’autore, secondo Bellemin-Noël, ma al testo stesso che per le sue caratteristiche (densità e complessità delle sue strutture, risonanza interna dei suoi diversi elementi e del suo tessuto associativo) può essere considerato come un soggetto (Gramigna).
Allora, in un gioco di risonanze all’interno dell’opera, ci propone Balsamo, attingendo a Green, possiamo pensare al lettore come analizzante del testo.
Gianni De Renzis (CNP), si sofferma subito sulla problematicità di applicare lo strumento psicoanalitico ai testi letterari, con il rischio di cadere nella trappola di seguire tracce di temi personali individuali espressi in forma simbolica e legati ad uno specifico trauma infantile.
Green, sottolinea ancora De Renzis, non si è interessato alla realtà biografica dello scrittore, ma alla sua vita fantasmatica, ponendo una prima differenziazione tra la persona e l’autore. Una scrittura come rappresentazione, almeno per quanto attiene romanzi e novelle, in cui la vita fantasmatica viene svelata solo in parte dalle vicende dei personaggi, ma non tradisce il mistero dell’autore.
Tuttavia, nella poesia e nella letteratura contemporanea assistiamo, ci ricorda De Renzis, ad un’inversione di rotta: dalla scrittura della rappresentazione, alla rappresentazione della scrittura. La scrittura stessa diviene l’oggetto. Giocando con le parole, mi chiedo: oggetto di cosa?
Nella traduzione italiana al volume La lettera e la morte è stato reintrodotto il titolo originario del lavoro, scartato da Green: le parole nella giungla, omaggio al racconto di Henry James La bestia nella giungla. Le pagine che Green ha dedicato a questo racconto, nel saggio L’aventure négative insistono proprio su due espressioni utilizzate da James: la grande avventura negativa ed il cercatore bendato.
Le vicissitudini della parola nella scrittura sembrano rimandare a ciò che è perduto da sempre e si cerca di far tornare, il pulsionale che sfugge alla rappresentazione, L’altra tigre, invocata da Borges.
(Frammento)
Una terza tigre cercheremo. Questa
sarà come le altre una forma
del mio sogno, un sistema di parole
umane e non la tigre vertebrata
che, al di là delle mitologie,
calpesta la terra. Lo so bene, ma qualcosa
mi impone quest'avventura indefinita,
insensata e antica, e persevero
nel cercare lungo il tempo della sera
l'altra tigre, quella che non è nei versi.
La belva diviene, allora, la soddisfazione inquieta che non si può mai raggiungere, dicendola; la mancanza, quel resto – non linguistico – che lo scrittore cerca insistentemente e di cui il linguaggio ha bisogno di nutrirsi.
Interviene il Prof. Arturo Mazzarella, docente di Letteratura comparata all’Università Roma Tre, che propone un accostamento tra il lavoro di Green e quello di esimi critici letterari, come Agosti, Orlando e Lavagetto, i primi in Italia ad approcciare la fitta trama di convergenze tra psicoanalisi e letteratura non da un’ottica psicobiografica, ma con un metodo ermeneutico. Il primo, sotto l’egida del significante; il secondo attraverso un’analisi del testo para-semiologica; il terzo seguendo un paradigma indiziario.
Tuttavia, prosegue Mazzarella, a differenza di Green, interessato epistemologicamente alla letteratura come laboratorio privilegiato in cui è possibile analizzare il conflitto insuperabile tra il linguaggio e la cosa, la critica letteraria sembra essere rimasta a lungo ancorata alla ricerca del significato, correndo il rischio di un discorso letterario autosufficiente. Possiamo invece pensare la letteratura – ci interroga Mazzarella – attraverso la sua libertà semantica, come il campo del conflitto, insito nel linguaggio, primo tramite del simbolico?
Fiamma Vassallo (CPdR) attraverso un lavoro teorico-clinico, nel quale ha incastonato come gemme alcuni commoventi passaggi dei racconti di Kafka, riprende il concetto greeniano di increabile. Se pensiamo all’increabile come ad un nucleo pre-rappresentazionale, in relazione con l’allucinazione negativa e con la madre morta, la creazione artistica diviene, per Green, una trasformazione che apre alla possibilità di contattare l’affetto, traccia del rapporto con il corpo materno.
Chiara Matteini (CPF), nella duplice veste di letterata e psicoanalista, riprende alcuni passaggi delle conversazioni tra Green e Pontalis proponendo come la psicoanalisi e la letteratura condividano l’oggetto sfumato e paradossale della realtà psichica. Per C. Matteini ogni opera artistica è frutto di un intreccio tra desiderio e necessità, ma lo scrittore pone una realtà che non sempre le parole possono trasmettere. Lo stesso rapporto di un autore con la sua opera, secondo Green, è un transfert di esistenza, che permette di toccare ciò che non ha avuto luogo realmente.
Penso ad un passaggio di Proust ne Il tempo ritrovato:
Invece la grandezza di un’arte vera […] era di ritrovare, di riafferrare, di farci conoscere quella realtà lontani dalla quale viviamo, rispetto alla quale deviamo sempre di più a mano a mano che prende spessore e impermeabilità la conoscenza convenzionale con cui la sostituiamo – quella realtà che rischieremmo di morire senza aver conosciuta e che è, molto semplicemente, la nostra vita.
Si apre la discussione con il pubblico in sala.
Interviene Amalia Giuffrida (CPdR) che, citando un lavoro di Adamo Vergine, ci interroga sulla trascrizione dell’inconscio, operazione che torce l’analista tra il pulsionale ed il lavoro del lutto.
Segue un contributo di Stefania Nicasi, Presidente del CPF, che trasla la concettualizzazione di spazio terzo dalla psicoanalisi alla letteratura, soffermandosi sul rapporto del poeta con la sua lingua.
Riccardo Galiani (CNP) riporta in scena la figura di Dominique Eddé ed il ritmo incalzante con cui si sviluppa la sua intervista ad André Green, tornando sulla figura melanconica della tigre di cui si aspetta un balzo, già avvenuto.
Gli interventi e le riflessioni confluiscono su un interrogativo. Possiamo pensare la scrittura, parafrasando Green, come una sublimazione di vita e una sublimazione di morte, movimento oscillatorio tra legamento e slegamento, tra parola e cosa, in un tentativo ostinato ed imperfetto di intercettarla?
Forse sì. D’altronde, come diceva Pasolini: Alcune cose si vivono soltanto o, se si dicono, si dicono in poesia.
Bibliografia di riferimento
Aulagnier P. L’apprendista storico e il maestro stregone. Tr. It. La Biblioteca, Bari – Roma, 2002.
Balsamo M. Momenti psicotici nella cura. Franco Angeli, Milano, 2014.
Borges J. L. L’altra tigre, in Antologia personale. Tr. It. Longanesi, Milano, 1967.
James H. La bestia nella giungla. Tr. It. Bompiani, Milano, 1947.
Gramigna G. Le forme del desiderio. Garzanti, Milano, 1986.
Green A. Slegare. Psicoanalisi, antropologia e letteratura. Tr. It. Borla, Roma, 1994.
Green A. L’aventure négative, in L’attente, Nouvelle Revue de Psychanalyse n. 34, Gallimard, Parigi, 1986.
Green A. La lettera e la morte. Le parole nella giungla. Alpes, Roma, 2024.
Pasolini P. P. Il sogno del centauro. Editori Riuniti, Roma, 1993.
Proust M. Il tempo ritrovato in Alla ricerca del tempo perduto. Tr. It. Einaudi, Torino, 1951.