Una recensione di Martina Balbo di Vinadio
Dite:
è faticoso frequentare i bambini.
Avete ragione.
Poi aggiungete:
perché bisogna mettersi al loro livello,
abbassarsi, inclinarsi, curvarsi,
farsi piccoli.
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
È piuttosto il fatto di essere
obbligati ad innalzarsi fino all’altezza
dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi,
alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli.
Janusz Korczac - Quando ridiventerò bambino
È recentemente stato pubblicato il libro ‘Inizi difficili. Rischi, prevenzione e cura in età evolutiva’, a cura di RosaMaria Di Frenna, Rosanna Gentile, Maria Giuseppina Pappa. Il volume raccoglie gli interventi del VII Convegno Nazionale sul lavoro psicoanalitico con bambini e adolescenti, svoltosi il 25-26 novembre 2023. Il presidente della SPI, Sarantis Thanopulos nella sua prefazione parte da un riferimento alla giornata contro la violenza sulle donne (che ha coinciso con la data del convegno), segnalando i rischi della mancata comunicazione affettiva tra uomo e donna e il conseguente collasso nella relazione con i bambini, ulteriori soggetti deboli nella società. L’introduzione di Elena Molinari, Segretaria Scientifica della SPI, ci ricorda citando Hannah Arendt che l’uomo non è nato per morire, bensì per dare avvio a qualcosa di nuovo, che può essere conquistato solo con l’aiuto dell’altro: relazione e continua possibilità di rinascita sono fili che attraversano tutto il volume. Seguono numerosi contributi che ci conducono in setting e contesti diversi: dalla consultazione terapeutica alla terapia individuale con il bambino, dal lavoro con i genitori al lavoro con la diade madre-bambino, dalla supervisione a spazi gruppali di sostegno e intervisione, dagli interventi di prevenzione e accompagnamento alla nascita a rischio e alla genitorialità, alle situazioni di maltrattamento-abuso, fino al lavoro con l’autismo.
Le tracce degli inizi
I contributi ci ricordano che ‘quando si è piccoli tutto è enorme’ - come dice Tonia Cancrini - (p. 8) e che la mente nasce e si sviluppa a partire dal corpo e dalla relazione con l’altro. Le esperienze che facciamo all’inizio della vita sono di importanza cruciale e influenzano profondamente lo sviluppo fisico, emotivo e mentale, come mostrano i dati dell’osservazione del bambino e degli studi longitudinali, l’analisi di bambini e adulti, oltre che le scoperte neuroscientifiche. Freud affermava che niente va mai perduto: le tracce degli inizi restano nella profondità della mente in quell’inconscio non rimosso legato ad aree sensoriali e presimboliche. In tali aree possono depositarsi memorie di un fraintendimento originario o di una difficoltà ad intendere i bisogni o le angosce del piccolo, con effetti persistenti nello sviluppo e nell’età adulta.
La cura psicoanalitica in età evolutiva
I contributi del volume ci mostrano come sia possibile lavorare su questi difficili inizi: il metodo psicoanalitico permette di entrare in contatto con stati primitivi della mente, ri-trovare tracce sensoriali e somatiche legate ad angosce primitive e impensabili. Tali tracce possono avviarsi ad una trasformazione inedita grazie all’incontro con un altro capace di ospitarle nella propria mente: un altro vivo, sveglio e in buona salute (Winnicott) che può consentire ad elementi grezzi di divenire utilizzabili per il gioco/pensiero (transitando attraverso sensazioni, immagini, rappresentazioni, pensieri, parole). Il ricco e variegato materiale clinico presente nel testo mostra come possa avviarsi un percorso che favorisce il passaggio dallo sguardo, al gesto e alla parola, in modo che questi aspetti possano embricarsi e contribuire alla pluridimensionalità della mente umana: quando le cose vanno abbastanza bene la mente via via si arricchisce e può oscillare tra diverse modalità di funzionamento, cosa che rende più vitale e ricca l’esperienza. Per farlo è necessario spostare l’attenzione dal fatto-sintomo al possibile significato, dalla ricerca di rapidi cambiamenti alla possibilità di osservare: passando da un ascolto sospettoso ad un ascolto rispettoso.
L’ascolto dell’infanzia
Per la cura dell’infanzia è necessario un ascolto specifico, attento alla comunicazione non verbale (che include il gioco, il disegno e tutto l’agire), grazie alla presenza di un compagno vivo e malleabile, in grado di sostenere la speranza. È una cura che passa attraverso la costruzione di uno spazio-tempo costante e attendibile, che consente la creazione di quell’area intermedia al cui interno può emergere il gioco. Come ci ricorda Winnicott il gioco è un preziosissimo terreno su cui poggia uno sviluppo sano e soddisfacente; esso ha inizio nel terreno comune tra il bambino e la madre, in uno spazio dove unione e separazione, me-non me, fantasia-realtà convivono senza confondersi e dove compare il simbolo. Gli inizi difficili richiedono un delicato lavoro di tessitura orientato a sostenere questa capacità di giocare-sognare (come ci insegnano Winnicott e Bion). In questo processo di ascolto è necessario allontanarsi dall’urgenza ad etichettare, che conduce ad uno sterile elenco dei sintomi che poco aggiunge alla comprensione della situazione e assume una forma difensiva rispetto al contatto con la sofferenza. Entrando nell’intimità delle stanze di terapia e di cura, grazie ai contributi degli autori, scopriamo come l’avvio di un processo di cambiamento è possibile al contrario solo quando ci si apre al contatto condiviso con la sofferenza. La presenza di una mente analitica consente di dare spazio alle parti sporche, cattive, rabbiose, distruttive, dando accoglienza ad aspetti del sé disarmonici del bambino, talvolta legati a complesse trame transgenerazionali. Una attenzione particolare viene anche data al lavoro con bambini con disturbi dello spettro dell’autismo, mostrando come la psicoanalisi possa dare un suo contributo importante. Questi contributi ci ricordano quanto sia necessario riaprire un dibattito sulla presa in carico sia di bambini con queste caratteristiche, che dei loro genitori, in un’epoca in cui assistiamo ad una tendenza a separare cognizione, comportamento, mondo relazionale e affettivo, con il rischio appiattire l’intervento su un piano educativo e riabilitativo, che rischia di tagliare fuori il mondo interno con pesanti ricadute sul benessere, anche a lungo termine di queste persone e delle loro famiglie. La lettura dei contributi presenti nel volume può essere stimolante sia per chi lavora con bambini e adolescenti, che per chi lavora con adulti e si trova a contattare aree legate a precoci traumi o impasse primarie, che costituiscono resti in attesa di una possibile elaborazione. La lettura fornisce inoltre interessanti spunti per chi si interroga sul funzionamento della mente, che il contatto con l’infantile consente di interrogare. Insomma il volume porta una psicoanalisi che esplora e lavora in modo creativo e curativo: un patrimonio da valorizzare per sostenere l’importanza del contributo della psicoanalisi nella prevenzione e nell’intervento precoce e lungo tutta l’età evolutiva, anche per sollecitare adeguate politiche sanitarie. Bion (1987, p. 48) dice: ‘da qualche parte nella situazione analitica, sotterrata sotto masse di nevrosi, psicosi, e così via, c’è una persona che sta lottando per nascere’.
Partecipare a questo processo come analisti è un lavoro complesso ed entusiasmante!