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Decifrare la trama nascosta delle dipendenze, nel regno degli spiriti famelici. Recensione di Mauro Pettorruso del Centro Psicoanalitico di Roma

Gabor Matè con il suo viaggio “Nel regno degli spiriti famelici”, permette di entrare in contatto con la vita delle persone dipendenti, con la trama che costruisce il loro psichismo


Decifrare la trama nascosta delle dipendenze, nel regno degli spiriti famelici. Recensione di Mauro Pettorruso del Centro Psicoanalitico di Roma

“Nel regno degli spiriti famelici” di Gabor Matè

Avvicinare il fenomeno delle dipendenze non è da tutti, permettere di avvicinarsi alla sua trama nascosta è un’impresa rara. Gabor Matè permette con il suo viaggio “Nel regno degli spiriti famelici” di poter entrare in contatto con la vita delle persone dipendenti, con la trama che costituisce il loro psichismo. Loro? O forse dovremmo dire nostro? Ebbene, l’avvicinamento alle dipendenze nel quale questo libro ci accompagna è tale da aiutarci a vedere che il fenomeno delle dipendenze è talmente vicino da essere in realtà qualcosa che, in qualche misura, ci riguarda tutti.
‘Dipendenza’ non è qualcosa che possa essere definibile in base alla quantità di una sostanza (o alla sua legalità), ma al rapporto interno che essa stabilisce con il soggetto che la utilizza. Allora ogni comportamento può prestarsi alla dipendenza se diventa fonte di restrizione del campo di libertà, se ci vincola alla compulsione, portandoci nel territorio di azioni sulle quali sentiamo di avere solo scarso controllo, in una ripetizione che procede nonostante le conseguenze negative.
Il viaggio per decostruire gli stereotipi che ci tengono lontani dalla possibilità di comunicare con persone che hanno le proprie vite distrutte dalla dipendenza da sostanze o da comportamenti compulsivi, porta Matè ad attraversare le terre che riguardano la nostra libertà, le nostre decisioni e le modalità con cui si costruisce la nostra interiorità. Diventa allora lampante il contributo che il trauma può esercitare nel determinare il collasso dell’interiorità. La nostra capacità di autoregolare i nostri stati emotivi ha bisogno di qualcuno che ci permetta di svilupparla, di un ambiente relazionale in grado di permetterci di attutire gli stati angosciosi e la comparsa del negativo. Questo ‘altro’ non sempre è presente, attraversato da vicissitudini che viaggiano attraverso le generazioni, o inchiodato nell’impossibilità di sintonizzarsi, dalla presenza di stati depressivi. Dialogando con queste posizioni sarà più difficile colpevolizzare le persone devastate dalla dipendenza, per quella che ci sembrerà sempre meno una “scelta” e sempre più una strategia di sopravvivenza, inadeguata ma necessaria. 

Il discorso sugli spiriti famelici non cede però mai alla tentazione della deresponsabilizzazione. Perché la strada non banale che lascia intravedere per il riscatto passa attraverso il crinale stretto fra l’accettazione dell’accaduto (sia inteso come accettazione di ciò che è stato e non si può cambiare, ma anche di ciò che nel campo mentale continua a sfuggire al controllo, come il craving e il riproporsi di stati affettivi negativi) e il riconoscimento della propria responsabilità nel presente.

La specifica forza di questo testo, finalmente tradotto per i lettori italiani, è di non appiattirsi su nessuna delle prospettive che interessano le dipendenze, consapevole che l’impresa di avvicinarsi a questi mondi deve poter guardare al biologico, al sociale, allo spirituale, senza preclusioni preconcette. La consapevolezza di questa complessità viene restituita e fatta vivere nelle storie degli spiriti famelici incontrati nel quartiere di Vancouver in cui Matè ha prestato la sua opera. E viene in modo coraggioso lasciata trasparire nella scelta di mettersi in gioco, con condivisioni autobiografiche riguardanti il proprio ‘essere dipendente’.

Sullo sfondo di questo prezioso e sentito viaggio, si fa largo la consapevolezza di quanto gli approcci contemporanei alle dipendenze tengano solo in minima considerazione le questioni proposte da Matè. Tutt’oggi prevalgono approcci colpevolizzanti o distanzianti, o approcci nei quali, pressati dal furor sanandi, ci scopriamo incapaci di poter entrare in contatto con chi utilizza sostanze per tentare precarie integrazioni del proprio sé.

Con acume, inoltre, si delinea una lettura che ci aiuta a decodificare l’esplosione contemporanea delle dipendenze. Il concetto di dislocazione – che potremmo definire come una disconnessione interpersonale determinata dalla crisi delle strutture sociali di prossimità - diventa il registro interpretativo in grado di permetterci di capire perché le stesse sostanze possono intrappolare la vita di qualcuno e scivolare senza provocare danni attraverso la vita di qualcun altro. Accanto al potere intrinseco di ciascuna sostanza di indurre dipendenza (specifico e diverso per ognuna), diventa allora prioritaria la questione della vulnerabilità. Una vulnerabilità che fa delle persone “disconnesse” dalla trama relazionale che permette il costituirsi dell’interiorità, quelle più a rischio. La dislocazione accresce la solitudine, ma soprattutto impedisce di poter sentire interiormente la propria vitalità. Non resta che il rifugiarsi in una esteriorità dilagante, in cerca della possibilità precaria di esistere, come in un tentativo disperato di darsi una struttura.

Ricodificando il mondo delle dipendenze in termini di vissuti umani, questo libro fluisce con la leggerezza di un romanzo sospinto dalla genuina passione per le persone. Fa un regalo prezioso a chiunque abbia voglia di farsi domande su ciò che è in grado di minacciare così profondamente la nostra illusione di libertà, rappresentando un’autentica occasione che vivifica le possibilità di cura di quanti sono chiamati ad occuparsi dell’incontro con queste persone. Rendendole meno enigmatiche, ma soprattutto meno distanti.

Gabor Maté. Nel regno degli spiriti famelici. Incontri ravvicinati con le dipendenze
Casa Editrice: Ubiliber
Pagine: 496
ISBN: 1280340339



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