Attualità della psiche

"Stabilire ciò che è naturale per decreto legge" di Chiara Buoncristiani e Tommaso Romani

La Legge non stabilisce quante braccia ha un uomo, quante gambe ha una donna, se sui nostri visi c’è uno o molteplici nasi. Mentre sul genere è necessario intervenga. Perché?


"Stabilire ciò che è naturale per decreto legge" di Chiara Buoncristiani e Tommaso Romani

Le guerre odierne si combattono attraverso il linguaggio, un campo di battaglia in cui le parole si trasformano in armi e le idee in trincee. In questo contesto, la biologia, quel linguaggio che definendo crea le forme della vita, emerge sempre più chiaramente come una frontiera del potere. Un esempio emblematico di questa dinamica è rappresentato dal 47° presidente degli Stati Uniti, il quale, tra i primi provvedimenti adottati, oltre a cambiare nome a golfi e montagne, ha firmato un decreto che ordina all’amministrazione federale di riconoscere unicamente due sessi. I due sessi “naturali”. Stabiliti per legge. La Casa Bianca ha annunciato che tale decisione "stabilizzerà come realtà biologica uomini e donne", proteggendo le donne da una presunta eccessiva ideologia di genere.

Morale della favola. I generi sono evidenze oggettive di una realtà biologica… fissata per decreto legge. Basterebbe questo a farci sorridere, apprezzando la contraddizione, l’ossimoro, se la questione non avesse un risvolto drammatico, come sempre chi decide il livello politico si autorizza a definire le cose in quanto sono, giocando con quella che poi non è altro che la vita di altre persone.

La Legge non stabilisce quante braccia ha un uomo, quante gambe ha una donna, se sui nostri visi c’è uno o molteplici nasi. Mentre sul genere è necessario intervenga. Perché?

Cerchiamo di entrare un po’ dentro questa apparente contraddizione. Corpi “naturali” definiti per legge nonché politici iper-conservatori - vedi Trump - che sembrano stare molto a loro agio nella pratica di scene che sono vere e proprie "performance", ovvero funzionano come dispositivi semiotici che fino a poco tempo fa trovavamo soprattutto negli spazi dell'arte contemporanea... Cerchiamo di guardare tutto ciò “per sbieco”.

Le riflessioni sull'identità di genere, ad esempio, sollevano dibattiti filosofici di grande rilevanza, con implicazioni anche per la psicoanalisi. E la politica soprattutto. Tanto che la nostra disciplina non è stata immune dal desiderio di “definire”. Mentre l'amministrazione federale americana a sua volta sembra voler combattere la decostruzione dei binarismi. Cosa succede? Cosa accomuna tutto ciò?

Dare un nome non equivale solo a definire l'essenza di un individuo, ma definisce chi siamo all'interno di una gerarchia. È politica, come affermava Michela Murgia.

Dare un nome è dare una gerarchia. Uomo/donna, bianco/nero, abile/disabile, dove il primo termine della differenza stabilisce anche un certo tipo di rapporto. Come se la donna fosse un non uomo.

Decostruire la dicotomia uomo/donna, proponendo un'idea di genere più fluida e dinamica, mette allora in discussione le distribuzioni di potere, mentre mantenere le nozioni tradizionali di identità e rifiutare la revisione delle categorie con cui comprendiamo noi stessi e gli altri serve a garantire la conservazione di uno status quo rassicurante. Ovvero: qualcuno comanda e vuole continuare a farlo.

Le teorie di genere evidenziano come il genere non sia un dato biologico immutabile, ma piuttosto un costrutto sociale e culturale. D’altronde “corpo biologico”, ad essere minimamente avveduti, non vuol dire nulla. In una prospettiva hegeliana il dato sensibile sarebbe qualcosa di estremamente astratto, che spaccia per certezza ciò che invece è solo la verità più astratta e più povera che il sapere esige di superare per compiersi. Mentre sarebbe invece una sorta di differenziale produttore dí molteplicità, intensità, nella lettura che ne dà Deleuze. Che tradotto vuol dire che la conoscenza sensibile è un “problema” che ci costringe a pensare. Ci vuole coraggio dopo questo ultimo secolo di scoperte scientifiche e gli ultimi due secoli di filosofia a parlare di dato oggettivo. O bisogna essere in mala fede…

Inoltre il "corpo" nel bio-logico non è solo dato empirico: è piuttosto un'entità discorsiva, il piano di registrazione di una molteplicità di significati. Funziona così con il Logos. Motivo tra l’altro interessante per cui la psicoanalisi non può essere ridotta ad una psico-logia.

A questo punto la prospettiva della destra conservatrice mira a relegare nel silenzio l'invito a riflettere sul ruolo del linguaggio, delle istituzioni e dei media nella costruzione delle identità di genere e nella perpetuazione di disuguaglianze.

Trump al tempo stesso si dimostra però abile nel manovrare il linguaggio e i suoi effetti politici, radicalizzando una presunta realtà "oggettiva" binaria dei sessi per sostenere una politica identitaria. La psicoanalisi dal canto suo deve essere avvisata, deve avere una profonda coscienza di tutto ciò, poiché le strutture del linguaggio influenzano il nostro modo di pensare.

La decostruzione dei binarismi, con la sua insistenza su una visione più fluida e inclusiva del linguaggio, su ciò che questo lascia fuori e lo scava da dentro, ci rivela inoltre l'esistenza di un inconscio collettivo, politico, un luogo oscuro dove le parole si caricano di significati ambigui e conflittuali. Questo tentativo di smantellare le rigide categorie del pensiero potrebbe essere paragonato al lavoro dell'analista che, scavando nelle profondità della psiche, scopre le radici dei sintomi nevrotici.

La rigidità delle identità, così come la struttura gerarchica del potere, sono come delle formazioni reattive, costruzioni difensive erette dall'Io per proteggersi da un'ansia primordiale, quella di fronte al caos e all'indeterminatezza. La decostruzione, in questo senso, agisce come la psicoanalisi. Cerca di rimettere il movimento in ciò che altrimenti è difensivamente rigido. Mostrando come l’indeterminatezza è tutt’altro che indeterminata, ma è un effetto di quella stessa struttura rigida che taglia una “natura” mai addomesticabile.

La democrazia, dal canto suo, cerca di accogliere in uno spazio collettivo tutto questo. Con la sua aspirazione all'uguaglianza e alla partecipazione di tutti, rappresenta l'ideale di una società dove l’Io collettivo riesce a mediare tra le diverse istanze psichiche. Non c’è psicoanalisi senza democrazia, tanto che non è pensabile la nostra disciplina in uno spazio sociale non libero.

Tuttavia, la storia ci insegna che questo ideale è spesso minacciato dalle pulsioni aggressive, paranoico-fascisteggianti, e dalla tendenza alla dominanza, che si manifestano attraverso la costruzione di ideologie totalitarie.

In conclusione, la decostruzione della metafisica e la democrazia sono profondamente interconnesse. Entrambe si basano sull'idea che la realtà non è fissa e immutabile, ma è continuamente in divenire e soggetta a negoziazione. Entrambe promuovono l'inclusione, la pluralità e la partecipazione attiva di tutti i cittadini. Ma, come ogni processo di cambiamento, anche questo è destinato a incontrare resistenze e a generare conflitti. E come la storia ci ha insegnato a far paura non è il clamore dei cattivi, ma il silenzio delle persone oneste.

È compito dell'analisi, sia individuale che collettiva, svelare le dinamiche inconsce che alimentano questi conflitti e di aprire la strada a una nuova forma di convivenza.



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