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Ai confini tra il vivere e il morire Note ai margini del convegno Spi - Still Life - di Silvia Vegetti Finzi

Vita e Morte non sono in antitesi ma coabitano dentro e fuori di noi, si tratta di accettare una mediazione, non di perseguire una vittoria.


Ai confini tra il vivere e il morire Note ai margini del convegno Spi - Still Life - di Silvia Vegetti Finzi

Si è compiuto con il Convegno “Still Life. Ai confini tra il vivere e il morire” un evento di non ritorno nella storia della psicoanalisi. Come dice Hegel, la filosofia è la ripresa della propria epoca nel pensiero.

Ed è quello che è avvenuto nei giorni scorsi. Ci vorrà tempo perché una comunità di professionisti se ne accorga ma abbiamo assistito a un radicale cambio di paradigma: Dal “Disagio della civiltà” alla “Fine della civiltà”. 

Quella che Freud in “Al di là del principio di piacere” considerava una “fosca teoria” è diventata una realtà. La nuova era antropologica suscita nuove domande e richiede nuove parole. Ma il nostro lessico è antiquato rispetto a quanto vorremmo dire. Benché Freud concluda il “Disagio della civiltà” con la speranza che Eros eterno sconfigga Thanatos, parimenti eterno, tutto il saggio è pervaso dalla fiducia nel progresso, nelle risorse della Kultur. Proprio quello che ci sta lasciando. Siamo ormai di fronte alla “brutalità delle cose” (Preta). 

Per quello che conosco del progetto, le “geografie della psicoanalisi” si proponevano e si propongono di ampliare lo spazio storico-geografico della psicoanalisi ma alla fine, come era inevitabile, hanno coinvolto anche il tempo: "Si sta forse affacciando un tempo nuovo che raccoglie intuizioni profonde della psicoanalisi…dove il pensiero psicoanalitico…può finalmente ri-trovare …il significato profondo della sua peculiarità” (Preta).

Con l’innesto di altre culture abbiamo compreso che il tempo lineare promuove la tecnica ma solo il tempo ciclico ci rende consapevoli (proprio in termini di “sentire”, di essere in sintonia) della nostra appartenenza alla natura.

 La crisi globale dell’ecosistema è fuori e dentro di noi, nel macro e nel microcosmo. Se non riusciamo ad ascoltare il grido dei giovani, se abbiamo messo a tacere Greta Thunberg, la Cassandra della nostra epoca, è perché, contrapponendo Vita e Morte, Eros e Thanatos, ci illudiamo di affrontare la catastrofe con le strategie della guerra tradizionale. Ma questo non è più possibile. E l’angoscia “il sentimento che non mente”, non cessa di ricordarcelo (Scotto-Francesconi). 

Molto efficace risulta la metafora di Delos l’isola dove non si può nascere né morire e dove, pertanto, si è tutti stranieri. Qualche cosa di analogo sta accadendo ora, stretti tra la denatalità e la minaccia atomica. 

Costretti a sopravvivere negli interstizi dello spazio (vedi i rifugi antiaerei in Ucraina, i Campi profughi ovunque, ma anche il “bosco in città” dei nuovi grattaceli) ci accorgiamo che il pensiero antinomico, proposto da Platone, ci immobilizza perché in realtà tutto si tiene, ogni cosa rinvia a un’altra, tutto è interconnesso. 

 Vita e Morte non sono in antitesi ma coabitano dentro e fuori di noi e si tratta di accettare una mediazione, non di perseguire una vittoria.

La vera minaccia non sta tanto nella contrapposizione amico-nemico (Carl Schmitt) che giustifica l’uccisione dell’altro come razionalizzazione del conflitto, quanto nella disumanizzazione dell’estraneo, nella sua reificazione. 

Quello che i nazisti perseguivano per gli ebrei, la “soluzione finale”, si attua ora su scala mondiale verso l’estraneo, il non integrato né integrabile. 

 In quanto tale, riguarda tutti e ci invita, come esorta Edgard Morin, a pensare:

“Non sappiamo che cosa ci sta accadendo ed è precisamente quello che ci sta accadendo”, scrive José Ortega y  Gasset. Che cos’è questa ignoranza? È miopia verso tutto ciò che va oltre l’immediato? Una percezione inesatta della realtà? Un sonnambulismo generalizzato? Che cosa sta succedendo alla Francia? E al mondo intero?  Cerchiamo di svegliare le nostre coscienze……  Non è più la speranza apocalittica della lotta finale. È la speranza coraggiosa della lotta iniziale…Coloro che raccoglieranno la sfida verranno da orizzonti diversi, poco importa sotto quale etichetta. Saranno i restauratori della speranza”. 



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