REPORT di Filippo Maria Moscati.
REPORT DELLA SERATA SCIENTIFICA
“CARICATURA ED IMITAZIONE” con ANTONIO BUONANNO
di
Filippo Maria Moscati
La riapertura di settembre delle serate scientifiche del nostro centro ha visto come protagonista Antonio Buonanno, Psichiatra e Psicoanalista, socio ordinario della SPI e dell’IPA.
Ha presentato l’interessante e innovativo contributo che già dal suo titolo, “Caricatura e Imitazione”, chiarisce il tentativo di mettere a contatto non solo due concetti analitici ma due autori molto importanti e apparentemente distanti sotto molti aspetti, Jorge Garcia Badaracco ed Eugenio Gaddini.
Nell’intervento, infatti, è stato esplorato il concetto di "caricatura" osservato dallo psicoanalista argentino Jorge Garcia Badaracco nei pazienti psichiatrici gravi, mettendolo in relazione con le teorie di Eugenio Gaddini sull'imitazione e l'identificazione.
Garcia Badaracco notò che i pazienti psichiatrici spesso sembravano caricature dei loro genitori, rivelando aspetti nascosti della famiglia. Questo fenomeno fu interpretato come risultato di un vincolo simbiotico tra genitore e figlio, che impedisce l'individuazione di quest'ultimo soffocandone la spontaneità, vissuta come minacciosa per il legame.
Il relatore ha proposto di comprendere la "caricatura" attraverso la teoria di Gaddini sulle "prime imitazioni" e "prime identificazioni". Le imitazioni precederebbero le identificazioni nello sviluppo e sarebbero legate a fantasie inconsce onnipotenti. In caso di regressione, si può tornare dall'identificazione all'imitazione, portando a un rapporto oggettuale più primitivo.
Buonanno ha suggerito che la “caricatura” possa essere considerata, quindi, come una manifestazione di questa regressione all'imitazione, dove il figlio "imita per essere" il genitore, evitando così la separazione e l'individuazione, con i correlati conflitti, i vissuti angosciosi, la dipendenza reale e la rinuncia all’onnipotenza magica. Questo processo è spesso legato a traumi transgenerazionali o a esperienze catastrofiche vissute dal genitore o dalle generazioni ancora precedenti, che poi si sono depositate nell’intrapsichico.
L'autore ha collegato queste dinamiche al concetto di "oggetto che fa impazzire" di Garcia Badaracco, dove la follia è vista come il risultato di interazioni inappropriate tra genitore e figlio durante lo sviluppo. Si ipotizza che alla nascita del figlio, il genitore possa rivivere o sperimentare un intenso dolore psichico, creando un legame simbiotico come difesa.
Il testo sottolinea l'importanza del Gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare come strumento terapeutico. Questo setting permette di osservare e lavorare sulle dinamiche familiari patologiche, offrendo la possibilità di ricostruire la "realtà storica", con modalità diverse da quanto accade nella terapia bi-personale, e facilitare il processo di individuazione di entrambi i membri della coppia simbiotica, e permettergli di accedere a quella che Badaracco chiama “Virtualità Sana”.
È stata quindi presentata una breve vignetta clinica, in cui un paziente psicotico, in genere molto silenzioso, aveva inaspettatamente preso parola all’interno di un gruppo parlando di “due tipi di cordone ombelicale: uno necessario, che si forma durante la gravidanza e si taglia alla nascita, ed uno che sembra necessario ma è patologico, che si crea pian piano dopo la nascita e potrebbe non essere mai tagliato”. Questo intervento, a poco a poco, avrebbe generato nella madre del paziente un cambiamento, permettendole di iniziare a parlare di sé, della sua storia e delle sue antiche sofferenze, e di come il legame indissolubile con il figlio avesse sostenuto il suo fragile Sè. Ciò ha permesso al processo di soggettivazione di innescarsi, e al figlio di iniziare finalmente un percorso comunitario. Questa vignetta ha permesso di illustrare come il Gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare possa aiutare a svelare e lavorare sulle dinamiche familiari nascoste, permettendo sia al paziente che al genitore di iniziare un processo di separazione e individuazione.
Nel dibattito, Fiamma Vassallo ha sottolineato l’interessante accostamento tra Badaracco e Gaddini, e come, a parer suo, nei Gruppi di Psicoanalisi Multifamiliari accadano cose per cui non abbiamo ancora una cornice teorica sufficiente. Ha poi commentato come le rilevazioni sui comportamenti dell’Infans dell’Infant Research non devono far recedere la psicoanalisi sul costruire ipotesi intrapsichiche su ciò che accade nel bambino.
Pino Bruno ha riflettuto come la caricatura e i processi imitativi siano un processo adattativo, un processo patologico ma comunque un tentativo di via di fuga da un vincolo simbiotico che permette ad entrambi gli oggetti di sopravvivere. Basandosi sulla realtà osservata, in cui sembra che in alcune situazioni i genitori non permettano di intraprendere questa via di fuga, si è domandato che cosa succede quando invece si ha davanti una cancellazione dell’oggetto,
Buonanno riferendosi anche a fatti di cronaca recenti, mette in evidenza come la fusione sia consustanziale ad una coppia, che quindi viene mantenuta da entrambi i versanti, non solo dal genitore ma anche dal figlio. Si genera una negazione totale della relazione, l’incapacità di vedere l’altro.
Andrea Narracci: commenta che, parafrasando Gaddini, quando si parla di imitazione è come se ci fosse ancora una persona sola, con l’identificazione l’altro prende vita.
Buonanno prosegue riflettendo che l’imitazione non è uno stampo reale, ma già la caricatura è un tradimento, già in essa c’è il tentativo di una differenza.
Ricorda poi che i pensieri di Gaddini e Badaracco sono distanti, ma che i due sono stati presidenti delle rispettive società psicoanalitiche (Italiana ed Argentina) quasi contemporaneamente; quindi, potrebbero essersi incontrati in consessi internazionali. Comunque sia si sono incontrati nell’interesse per i pazienti gravi, pazienti che non sono mai nati.
“L’edipo è lontano”, diceva Gaddini, quando voleva intendere che il percorso di identificazione per quel paziente era ben lungi dall’essere possibile.
Per questo, secondo Buonanno, è molto importante che l’intervento di cura nelle patologie gravi coinvolga anche l’ambiente dove quel processo identificatorio non è potuto avvenire.
Giuliana Campanella, poiché ha avuto Gaddini come analista, ricorda come evidenziasse l’aspetto difensivo dell’imitazione rispetto ai processi identificatori, e che quindi sente che nel parlare dell’imitazione e della caricatura è come se ci fosse un salto tra i due concetti. Riferisce inoltre di essere stata molto colpita dall’intervento, e di aver sentito di voler approfondire i Gruppi di Psicoanalisi Multifamiliare.
Maurizio Balsamo prende parola per segnalare un punto all’interno della questione a proposito dell’imitazione e del rapporto con la “caricatura”, partendo dallo spunto clinico a proposito della riflessione sul doppio cordone ombelicale. Secondo lui, questi cordoni in un ordine del discorso sono alternativi, ma in un altro ordine sono in parallelo. Questo perché, nell’inconscio, ogni discorso in cui c’è l’O - O diventa E - E, e questo punto di vista potrebbe portarci ad un altro tipo di questione. L’imitazione riconosce una struttura duplice, il collasso sull’altro ma anche quello dell’indennità caricaturale che permette la modalità trascritta dell’altro.
Ricorda poi che il concetto di imitazione, da un punto di vista non analitico, è stato utilizzato da Judith Butler per smontare la scelta sessuale, vedendola come una sorta di pantomima perenne. Nell’imitazione, inoltre, ci sarebbe anche una dimensione di aggressiva critica: questo si è visto negli studi post-coloniali, in cui l’individuo colonizzato che cercava di essere in tutti modi simile al colonizzante lasciva trasparire, nelle forme imitative scelte, profonde critiche.
Aggiunge che imitare l’altro è anche un modo per farlo scomparire, prendendone il posto.
L’aspetto di prelievo nella vita psichica dell’altro è una parzializzazione, ma quel tratto è un rappresentante della persona nella sua totalità. Quella scelta è interessante. Significa che quel tratto è un tratto scelto e rientra nella categoria Winnicottiana del trovato/creato, introducendo una dimensione creativa nello stesso tratto imitato. C’è quindi una virtualità del possibile in queste strutture collassate.
Antonio Buonanno risponde condividendo che nell’imitazione non c’è un appiattimento sull’altro, e che il tratto scelto è un primo tentativo di iscrizione e di distinzione, ma aggiunge che questo tentativo allontana e slega la fusione e comincia a minacciare la simbiosi. Per questo viene inibito e non riconosciuto dal genitore e dall’ambiente. C’è il paradosso che il tratto imitativo abbia bisogno che qualche cosa sia riconosciuto dall’esterno e all’interno del gruppo familiare.
Fausta Calvosa, riprendendo la dimensione creativa del caso proposto, sostiene come nelle crisi dei pazienti ci sia un tentativo di rottura dello status quo. Il Gruppo di Psicoanalisi Multifamiliare è quindi uno strumento molto prezioso, perché permette di approfondire gli aspetti transgenerazionali in vivo. Questi elementi partono da un negativo, da un genitore criptoforo, e il gruppo è un grande strumento per rimettere in moto un percorso di significazione, là dove il paziente ci pone di fronte a dei buchi, per cui senza la presenza dei genitori è molto difficile riprendere il processo di simbolizzazione.
In ultimo sono intervenuti Alfonso Accursio, che avendo esperienza con i gruppi, riferisce che grazie a questa serata si è molto incuriosito dei gruppi di Psicoanalisi Multifamiliare.
In chiusura riprende la parola Pino Bruno, discussant della serata, che associa il tema della caricatura ad uno spettacolo teatrale di Emma Dante.