Scriveva Seneca, nel primo secolo dopo Cristo, nelle Lettere morali a Lucilio: «Mi chiedi qual è stato il mio progresso? Ho cominciato a essere amico di me stesso». Egli cioè suggeriva che il progresso vero è quello delle persone e non concerne il denaro, i poteri o, attualizzando, la tecnica. Quindi, si potrebbe semplicemente affermare che le tecnologie che migliorano le persone producono progresso. Purtroppo, avviene che le stesse tecnologie impiegate, per esempio, a scopo didattico o spettacolare, possano essere utilizzate per fini negativi. Il cinema ne è la dimostrazione. Le identiche macchine cinematografiche, con cui Chaplin fabbricava sogni sentimentali e con cui Fritz Lang descriveva i rischi dell’asservimento a uno stato oppressivo, furono usate da Stalin e Hitler per sostenere le campagne di propaganda del regime. Vale, per il cinema, lo stesso principio che, non solo psicologicamente, riguarda tutte le situazioni, gli oggetti, le sostanze o, estremizzando, le persone stesse con cui ci rapportiamo. Fatte salve le inevitabili variabili del caso, la possibilità di un vero progresso risiede nel modo in cui noi ci rapportiamo con l’esterno, che vi siano macchine o persone. Il cinema, oggi digitalizzato, è stato impiegato sia per addestrare i militari alla guerra, sia per farci vedere, in un tempo brevissimo, un fiore che sboccia.
A un livello storico e culturale, emergono però delle considerazioni complessive. A partire dalla prima metà del Novecento, il cinema fiction e la documentaristica hanno costituito una grande forza propulsiva nello sviluppo sociale, ovunque siano giunti. Il cinema, pur essendo relativamente recente, ha da tempo superato, per popolarità e per effetto sul pubblico, le altre forme artistiche. Insieme alla televisione e ai social, testimonia oggi una superiorità dell’immagine rispetto alla parola scritta. Com’è stato epocale il passaggio dall’oralità alla scrittura, nella trasmissione del sapere, così si vive ora in una transizione che va dalla scrittura all’immagine. In una società visualmente orientata come quella in cui viviamo, non si può omettere di considerare il ruolo del film quale veicolo di diffusione culturale, sia in ambito scientifico, sia nell’area umanistica e sociale. Agli esordi questo valore culturale non era riconosciuto. A cavallo tra Otto e Novecento, il cinema era considerato un’arte volgare, non paragonabile alle arti classiche. La sua vera origine erano i laboratori degli scienziati ottocenteschi che avevano perfezionato macchine fotografiche e strumenti ottici per studiare il movimento umano e animale. Il cinema scientifico nacque parecchi anni prima del cinema spettacolo e costituì la base storica del linguaggio delle immagini in movimento.
Con l’invenzione del cinematografo vi fu poi una frattura tra il “cinema scientifico” e il “cinema spettacolo”. Però, originariamente, fu il mondo scientifico che, producendo nei laboratori le prime immagini in movimento, mise le basi per la nascita del cinema popolare. Questa eredità scientifica si è particolarmente avvertita, fin dagli esordi, nel filone della fantascienza. In una più ampia prospettiva il cinema, assieme ad altre tecnologie come, ad esempio, il microscopio o i raggi X, è stato uno strumento cruciale nel far emergere una visione chiaramente modernista nella cultura occidentale. La cinematografia è un grande elemento di diffusione di specifici modelli di comportamento sociale. Essi vengono imposti in tutto il mondo, poiché i film vengono visti ovunque, da persone di ogni razza, età e cultura. Attualmente, assieme alla televisione e ai social, il cinema è un mezzo che tocca le menti individuali delle singole persone e promuove forti cambiamenti, a livello collettivo. Se il cinema, anche nella sua complessa spettacolarità, porta contenuti positivi, quei contenuti si diffondono e questo è un progresso. Tramite un film, anche commerciale, si entra in contatto con dei valori di civiltà che possono provenire da contemporanei come noi, o da personaggi anche importanti, ma distanti nello spazio e nel tempo come, esemplificando, Gandhi, Einstein, Kant o Lorenzo il Magnifico.
Le idee nuove promuovono uno sviluppo, ma senza una deviazione da ciò che è consueto e giornaliero, il progresso non è possibile. Il vero progresso non è una semplice trasformazione, ma un cambiamento che implica una nuova strada. Per questo, in alcuni paesi, esiste ancora il controllo di una censura di stato. Inizia, con il cinema, la storica smaterializzazione della realtà. Una nuova realtà, fatta di una materia virtuale, si aggiunge o, a volte sostituisce del tutto, la vecchia materia. Il mondo digitale cinematografico, televisivo e dei social è parte integrante di questa contemporaneità in movimento. Come sfruttare le innovazioni di questa odierna e nuova rivoluzione industriale, per sostenere il bene pubblico? Va premesso che il grande sogno dell’Occidente, vagheggiato da Platone, passando per Cartesio e Leibniz, fino ad Einstein, di spiegare il mondo per via razionale e formale, non si è pienamente avverato. Anzi, quando sembrava prossimo all’attuazione, il sogno ha cominciato ad allontanarsi sempre più, come una cometa di passaggio. Questo rallentamento della scienza ha anche ragioni interne.
Strumenti di indagine sempre più raffinati hanno scoperto che dosi massicce d’incertezza, di complessità e di disordine si celano in una realtà ritenuta, fino alla metà del Novecento, sostanzialmente semplice. Il sogno, effettivamente pretenzioso, di sintetizzare il mondo in un’unica formula è svanito ed è entrata definitivamente in crisi la versione ottocentesca dell’idea di progresso. Una versione contenente i miti dell’onniscienza e dell’onnipotenza, vecchi come il mondo. In questa situazione, non viene negato il valore della razionalità scientifica e dell’efficienza tecnologica, ma si devono fare i conti anche con i limiti e i divieti tradizionali di una psiche che è determinata dalla cultura e dalla storia.
Credere che faccia parte del patrimonio stabile dell’umanità soltanto ciò che è immediatamente comprensibile o direttamente dimostrabile, non deve indurre a rifiutare il patrimonio di conoscenze contenuto nei miti e nelle tradizioni di tutte le culture. È necessario riconoscere e in questo il cinema può aiutare, che il progresso presenta anche deviazioni e tortuosità. Inoltre, lungo il percorso, possono esserci aspetti sgradevoli o effetti collaterali incresciosi. Però bisogna assolutamente salvare gli elementi che si contrappongono, in modo deciso, all’irrazionalità e al negazionismo scientifico; ovvero la ragionevolezza che, a differenza della razionalità pura, è anche uno stato d’animo, assieme all’accumulo delle conoscenze scientifiche, al giusto metodo di ricerca e così via. Riguardo al progresso, effettivamente, si tratta solo di allontanare una immagine ideologicamente alterata per favorire, nel cinema come ovunque, l’idea del progresso nelle sue manifestazioni storiche e nelle sue umane e specifiche incarnazioni. A suo tempo, un discorso cinematografico di questo genere fu propugnato da Roberto Rossellini che, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, concepì un grande progetto didattico-umanistico attraverso l’utilizzo dei mass media. Il regista voleva illustrare i momenti chiave del progresso della civiltà occidentale con il racconto delle idee e dei grandi protagonisti. Tutt’oggi, quei lavori cinematografici appaiono come grandi esempi d’impegno artistico e civile.
Anche dal versante della psicoanalisi è lecito aspirare, nell’ambito degli studi sul cinema, a un pur modesto contributo riguardo a queste trasformazioni epocali, che chiamiamo progresso. Ciò è parte dell’intenso dibattito contemporaneo sul significato e sulle competenze del cinema, rispetto allo sviluppo della cultura e della scienza. Riguardo alla cinematografia, non si deve pensare al mero apparato di produzione delle immagini; ossia al solo sistema produttivo con i suoi meccanismi tecnologici ed espressivi, i suoi ruoli e le sue, più o meno celebrate, figure professionali. Il cinema non è il pur decisivo repertorio delle opere che hanno segnato periodi e modi di crescita di intere generazioni di spettatori; come non è la collezione delle immagini sonore che hanno attraversato più di un secolo; sebbene questo sia un risultato della massima dignità, nella produzione artistica. Il cinema va considerato un fenomeno ampio e stratificato, nell’ambito di un sistema socioculturale complesso. In esso, la produzione e il consumo si intrecciano in modi diversi, che vanno oltre la normale impresa economica ed espressiva, collegandosi a forme e idee sul mondo, su ciò che è reale e su ciò che è immaginario. Il cinema produce azioni molteplici, che si riverberano su altre forme di comunicazione, su modelli formativi e di apprendimento, su comportamenti individuali e di gruppo, su idee generali relative al mondo e alla realtà. Come conseguenza individuale, il cinema agisce sulle qualità specifiche della nostra soggettività anche nell’arco di intere esistenze.
Appare evidente come l’intreccio fra cinema e realtà sociale sia stato un elemento inestricabile, portatore del progresso, con le sue storiche contraddizioni. In tempi relativamente recenti, con la sconfinata crescita tecnologica e il conseguente abbassamento notevole dei costi di produzione, grazie all’avvento del digitale, si è assistito ad una nascita esponenziale di cortometraggi e documentari, ma anche lungometraggi, di vera e propria denuncia, riflessione e inchiesta, su svariate tematiche d’interesse scientifico e sociale. Essi sono nati, principalmente, dall’esigenza di raccontare eventi e situazioni che la tv ormai non racconta, per volontà o mancanza di spazi idonei. Attualmente, esiste un cinema “diffuso” che descrive e analizza la condizione umana di fronte al Potere e alla Storia e che si oppone alle verità imposte dalla “Storia ufficiale”. Esso offre, grazie alla forza stessa del suo linguaggio, altri e inediti punti di vista, altre modalità di narrazione e di rappresentazione del reale.
Questo cinema è progresso perché, oltre a parlare di scienza e tecnologia, ma utilizzando questi argomenti, affronta anche le diversità umane, l’ambiente, i diritti, la cultura e l’arte come fondamenta della storia d’ogni tempo. Questo cinema è progresso perché continua a cercare uno sguardo diverso sulle persone, sulle cose e sulle relazioni, rispettando il pensiero scientifico, ma opponendosi all’omologazione televisiva planetaria e alle sabbie mobili dei social, come pure a un’immagine cinematografica sempre più autoreferenziale, che si accontenta della propria valenza tecnologica. Questo cinema è progresso perché, nel “fuori campo”, continua a inseguire il nesso fra fenomeni scientifici, sociali e culturali, in un contesto dove il rischio più evidente è la tendenza a utilizzare una visione e un pensiero unico.
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