Attualità e nuove sofferenze

“Fatela questa legge!" di Chiara Buoncristiani e Tommaso Romani.

La maternità surrogata e dispositivi bio-politici: tra battaglie per i diritti civili e tentativi di escludere il desiderio non conforme.


“Fatela questa legge!" di Chiara Buoncristiani e Tommaso Romani.

Così Lucia Annunziata, la giornalista, storico volto Rai nel suo programma Mezz’ora in più, accusa il Governo Meloni di non fare nulla sul tema della maternità surrogata e sulla registrazione anagrafica dei figli già nati da “utero in affitto”.

 

Genitorialità senza filiazione, vietato!

A pensar male si fa peccato ma non si sbaglia mai. Prima delle elezioni le famiglie non normate temevano che la lunga battaglia per il riconoscimento dei loro diritti subisse un arresto o peggio, una retromarcia. Ora le decisioni e le dichiarazioni del Governo sembrano realizzare la profezia. Leggi e norme diventano così dispositivi bio-politici e operano nella direzione della messa al bando di tutto quello che esula dalle mappe del desiderio eterosessuale e della famiglia “tradizionale”.

In questa situazione può essere utile guardare alle tante battaglie sociali per comprendere e decostruire la spinta che anima la politica nel governo dei corpi e dei desideri che li attraversano.

L’ambito delle scelte sessuali e riproduttive è un crocevia di forme di relazione alternative. Non ci si stupisce che su questo piano ci sia un’attenzione sempre crescente. Per evitare vie di fuga dall’impatto eccessivo.

Si può pensare che operazioni politiche di questo tipo siano armi di distrazione di massa, modi per attrarre elettorato ultra-conservatore e spaventato a costo zero in termini di finanza pubblica: certo non stiamo toccando nulla del motore economico del paese. Ma ciò non toglie interesse al fatto che nessun politico oggi si possa sottrarre da un tema che si impone nelle agende nazionali così come tra i banchi di scuola o nelle chiacchiere al bar dell’ufficio.

Qualcosa sta cambiando e la politica segue.

Non è un caso che le istituzioni sanitarie, psicoanalisi compresa, diventino luoghi di conflitto, nei quali la questione biomedica si fa terreno di battaglia e/o mezzo di controllo dei movimenti sociali.

È un problema in un certo senso non recente, quello di una genitorialità senza filiazione.

Già nella legge 194 del ‘78 sull’aborto veniva, infatti, concessa l’interruzione di gravidanza, ma questa non sarebbe mai potuta essere una Legge scritta dal basso e nasceva da negoziazioni.  Si prevedeva, almeno all’inizio, che il percorso medicalizzato includesse una sorta di “interrogatorio”, perché nulla è più importante dei dettagli in situazioni simili. E il dettaglio qui è che il desiderio non conforme è sottoposto a una sorta di “gogna” morale che ne mortifichi l’esistenza.

Succede anche per le transizioni di genere, dove la motivazione non può essere sic et simpliciter il “voler cambiare genere”, ma deve includere una “sofferenza” rispetto al genere che ci è stato attribuito: bisogna cioè dire di avere una disforia di genere. Non puoi desiderare di avere un’altra identità di genere, devi dichiararti malat* rispetto a una categoria nosografica.

Ricordiamo quasi di passaggio che il cambiamento nasce con l’autodeterminazione delle donne per cui c’è tutto un nuovo possibile modo di vita da inventare a partire da scelte non riproduttive. Qui passano insomma vie di fuga collettive, come ci suggerisce Angela Balzano in Per farla finita con la famiglia (2021), seguendo Mille Piani di Deleuze e Guattari (1980).

Ci viene in mente che le scelte politiche che sempre più spesso si trovano ad inseguire questo spazio sociale, si confrontino con soggettività percepite come incontrollabili. O meglio: il politico “compra” il voto di quella parte di popolazione molto spaventata e che così viene rassicurata che mai entrerà in contatto con il caos polimorfo del sessuale (S. Freud, 1905). Il pacchetto di “fobici del sesso” sposta quote percentuali notevoli quasi quanto quello di coloro che scelgono un partito perché il leader va a letto con una minorenne come vorrebbero fare loro.

Così come è vero che nei contesti sociali e nell’economia di mercato, le soggettività sono irretite in parole d’ordine che addomesticano corpi e desideri. Ma corpi e desideri sono realmente addomesticabili?

I corpi, oggi più che mai non solo sono molteplici ma veri e propri congegni semiotici. Gli stessi processi che portano alla teorizzazione della performance nell’arte divengono pratiche politiche. Potremmo definire le famiglie arcobaleno, con le loro richieste, dei movimenti di contro-soggettivazione. Anche loro malgrado.

Sebbene stiamo ancora parlando di dispositivi famigliari, il sospetto è di essere già in un post umanesimo (F. Cimatti, 2021) che intesse nuove forme di parentele.

È fantascienza? Sarebbe auspicabile lo fosse, nella misura in cui seguendo Angela Balzano potremmo ricordare che già Donna Haraway (1985), celebre autrice di Manifesto Cyborg vedeva nella fantascienza solo un’illusione ottica. La fantascienza avrebbe cioè un ruolo politico nel dire dove si sta andando.

Di fatto il discorso sulla riproduzione è l’attacco all’ultima roccaforte del potere come esercizio del controllo sui corpi e come elemento di inibizione della redistribuzione di prerogative e diritti tra uomini e donne, etero o omosessuali, più o meno straight. Immaginare il futuro prossimo potrebbe passare proprio da qui. In quanto l’impressione è che la riproduzione non passi più o non soltanto per la famiglia tradizionale.

E in questo senso quale potrebbe essere il timore? Che un giorno la riproduzione non passi più per il corpo umano (femminile)? Balzano gioca con la parola ectogenesi in modo che ci convince molto. Ectos è lo straniero, ma anche la soglia, così come genesi sta per nascita ma anche divenire. Un divenire straniero quindi?

Fantascienza… e come molti romanzi già l’immaginazione va a scenari che mettono al centro il corpo della donna. In quanto se la riproduzione venisse decentrata, diciamo così, si aprirebbero molte nuove configurazioni. E lo stesso concetto di umano si troverebbe dislocato venendo meno i confini con l’animale tanto quanto con le bio tecnologie. D'altronde le sperimentazioni sugli animali, così come le nuove tecnologie ci rendono tutti cyborg “aggrovigliati in reti di bit e silicio, ormoni e proteine” (A. Balzano, 2021). Cosa c’è di male? Come psicoanalisti non sta a noi fare le regole e stabilire limiti al possibile, ma comprendere il senso delle trasformazioni e distinguendo le spinte pulsionali da quelle difensive.

Le famiglie arcobaleno da questo vertice tessono grammatiche future; quasi una lettura spinoziana dei corpi, come coestensivi alle menti, una materia comune che non sia in conflitto con la cultura e la tecnologia, ma in relazione con tutto questo. Crediamo dunque che l’approccio a nuove lingue non possa essere che curioso e democratico. E forse ciò a cui stiamo assistendo è il funerale dell’universalità dell’Homo Sapiens?

Stiamo assistendo ad una ridefinizione delle connessioni, quel connettersi dei corpi che piaceva tanto a Baruch Spinoza, verso un mondo condiviso, un nuovo posizionamento verso l’ambiente umano, sociale, psichico, politico ed ecologico.

Sarebbe auspicabile quindi farla finita con le preoccupazioni paternalistiche o quelle forme di bio controllo di parentele post umane, a partire dall’adozione appunto, ma anche dai contesti comunitari e tutti quegli spazi dove si creano nuovi legami fuori famiglia.  Qui siamo completamente d’accordo con l’Autrice del libro succitato che suggerisce di “creare” parentele e non popolazioni. Creare delle parentele. E non necessariamente filiazioni. 



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