Recensioni e Pubblicazioni dei Soci

Il mistero del segno tracciato in un foglio: “Disegnare, la formula di Freud” di G. Solla. Recensione di Marcella Cara

La lettura del libro di Gianluca Solla si fa occasione di un reincontro con gli scritti di Freud: “Prodigio e forza che genera nuovi pensieri”.


Il mistero del segno tracciato in un foglio: “Disegnare, la formula di Freud” di G. Solla.  Recensione di Marcella Cara

Nell'incontro con il testo mi sono sentita toccata da qualcosa d’imprevisto – mi ha fatto effetto questa chiamata a raccolta di disegni, mappe, schemi, così familiari eppure di nuovo così potenti per la loro capacità di non smettere di interrogare il mistero del segno tracciato in un foglio, prodigio e forza che genera nuovi pensieri. 

Il testo “ Disegnare, la formula di Freud” lascia il segno per il singolare stile e per il rapporto che intrattiene con il sapere di cui parla, uno stile appassionato, intenso, mai accademico piuttosto fruttuoso si mette in gioco associativamente, trova nuove aperture e attraverso associazioni visionarie mantiene la capacità di accedere al fantasma presente nel linguaggio “disegnato”, mantiene il legame con la metapsicologia.

Il testo - dicevo - rinnova l'incontro con il testo Freudiano, incontro che dà luogo un "mutamento", un cambiamento di rotta, una trasformazione nel quale il testo si converte nel disegno e viceversa. Induce a portarsi dall'uno all'altro luogo, dalla parola scritta alla “parola in forma di disegno”. Conversione che porta a una nuova navigazione, ad un rinnovato uso del testo freudiano, allarga l’orizzonte e rinvia alla dimensione necessariamente estesa del sapere psicoanalitico.

La lettura del libro al contempo “ci legge”, siamo letti dal libro stesso con un effetto di sorpresa, leggere e rileggere: si raccolgono diverse lingue, lo sguardo si amplia, appaiono dettagli, prospettive differenti. Così, il libro cattura ed è attraversato sino in fondo passo passo.

Il libro come un coltello opera un taglio, il disegno si staglia, si distingue con maggiore evidenza per farsi “porta d'ingresso” al testo freudiano.

Il titolo “Disegnare, la formula di Freud” specifica & condensa:

mette in primo piano l'oggetto di interesse – il DISEGNO - per aprire il discorso e dare corpo alla sua qualità distintiva.  “Cosa disegnare?” - si chiede l'A. - “L'apertura in cui ogni volta - il corpo e la psiche - sta e diviene […] apertura inconscia che si apre con la sua singolarità all'incontro con le cose del mondo” (Minuta torica G - libido e lutto – riferimento allo schema della sessualità, p. 48).

            Disegnare rimanda (dal latino) a DESIGNARE - composto dalle particelle de e signum SIGNUM, ovvero notare con segni, ritrarre per via di segni (curiosamente quasi l'anagramma di Sigmund). Designare rimanda anche tracciare nella mente le linee principali di un lavoro, Ideare ed anche Prefiggersi nel senso di Fissare/Stabilire quanto si va pensando. 
            Designare si avvicina così, per assonanza concettuale, all'idea della formula del titolo: la FORMULA di Freud ovvero la FORMA, il modo, la regola con la quale il disegno entra nel lavoro di Freud. Una sorta di formula che – nel testo di G. Solla - come un FORMULARIO raccoglie quel complesso di formule, di schemi, modelli, concernenti la specifica materia che è la psicoanalisi.

Laddove il disegno, le immagini assumono un ruolo specifico: non si tratta tanto dell'esperienza formulata ma formulante. Esperienza che si presta a muovere pensieri nuovi che con andamento orizzontale-rizomatico ci conducono a una ricerca di connessioni, originano in un unico punto per poi dispiegarsi apertamente in molteplici direzioni.

“Il disegno - ci ricorda l'A. - mai è la pura e semplice riproduzione del visibile. E' fatto per vedere ed è in forza del disegno che si vede ciò che non è immediatamente visibile, ma che è capace di suscitare una visione” (p.13).                                                                                                                 .                                                                                                                                             

Come nel doppiaggio dello Psicodramma Analitico nel suo dire – l'autore - amplia l'interpretazione e rinnova l'attenzione attorno al tratto grafico, alla suggestione che lascia aperta.

A partire dalla superficie del foglio, il disegno prende vita, si “anima”, così da intuire ad esempio ...

  • Il “movimento” - è il caso del disegno applicato alla vita psichica contenuto Minuta M -. Il disegno come un sismografo si fa strumento per registrare dalla superficie psichica movimenti sismici, terremoti, scosse che parlano di movimenti in profondità. Come una scrittura musicale che registra il tempo e i suoi mutamenti, ripetizioni e al tempo stesso variazioni, ricordi ricombinati in memorie, scritture e riscritture, distruzioni e ricostruzioni.
  • Il movimento come fuga si coglie nel disegno mappa dell'Uomo dei Topi come a rappresentare la geografia che rispecchia la costituzione psichica con i suoi intrecci e le sue sopravvivenze, il rimosso e il suo rovescio.
  • L’impatto sonoro risuona nello schema che illustra le tanto comuni momentanee   dimenticanze di un nome proprio. L'oblio, la caduta della memoria vede affacciarsi alla propria coscienza altri nomi sbagliati: il nome o i nomi sostitutivi trovano nel frammento sonoro ma anche grafico (Signorelli - Botticelli e Boltraffio) - cioè nel ripetersi di sillabe/unità fonetiche acusticamente uguali e successioni di lettere uguali - la ragione del nesso con pensieri rimossi (nell'esemplificazione citata, morte e sessualità). Così nello schema, i nomi sono trattati in maniera analoga agli ideogrammi di una frase da trasformarsi in rebus, in un gioco enigmistico. [1]
  • All'inverso il silenzio, l'afonia regna nel disegno “dell'albero dei lupi”: assenza di parola che genera l'urlo e con esso il risveglio liberatorio dal sogno. Si era svegliato e aveva visto qualcosa, qualcosa di terribile; sogno d'angoscia risultato dell'esplorazione sessuale e le sue fantasie. Privo della parola come un bracciante della tenuta di famiglia muto e di cui si diceva che gli era stata tagliata la lingua. E ancora con riferimento all'Albero dei lupi si coglie...
  • Il disegno come sguardo che non distingue tra il vedente e il visto, colui che vede da ciò che è visto. Il disegno con attenzione fissa il sognatore: la finestra si apre, si aprono gli occhi sull'altra scena.  Egli si era svegliato e aveva visto qualcosa: io dormo, a un tratto mi sveglio e vedo qualcosa: l'albero coi lupi ...  è viva l'impressioni visiva
  • Il gesto si staglia nel disegno del piccolo HANS, basta un tratto e il disegno si singola-rizza e con lui Hans.  La giraffa equivalente il corpo di Hans con un tratto di quella mano, il suo gesto sulla superficie del foglio, afferra qualcosa fuori della portata delle parole dicibili, il sessuale, il rapporto tra mente e corpo.

L'indifferenziato, il funzionamento psichico e il suo linguaggio asemantico va al di là dei contenuti, il fonico o la sua assenza, il gestuale si avvicinano alla sua essenza originaria.

Nel testo G. Solla continua a creare associando. Continua a “giocare” con il di-segno così come nella clinica Winnicott gioca con il bambino 2 - proponendo lo scarabocchio (Squiggle) da cui sviluppare un disegno. L' A.  gioca a partire dal segno tracciato nella superficie del foglio associando liberamente sino a “allucinare” la fantasia soggiacente. Una nuova co-costruzione che definisce la realtà psichica nella sua continua riproposizione della dialettica tra ciò che conosco e ciò che continuamente invento. Penso di nuovo al disegno/sogno dell'uomo dei lupi - che porta alla scena primaria e all'angoscia di castrazione – e che con i suoi tratti non smette di simboleggiare l'esplorazione sessuale infantile concentrata su due problematiche: da dove vengono i bambini e se sia possibile una perdita del genitale. Una investigazione nella quale non la paura del padre è cosciente, ma quella del lupo. Di associazione in associazione (con riferimento alla storia del sarto che ha amputato della coda un lupo e al richiamo del complesso di evirazione) dalla superficie del foglio – l'autore -   rileva un segno/tratto grafico ripetitivo che ripropone la sua forma la V che si staglia per farsi figura della forbice: nel disegno, i lupi, rovescio del cane familiare, sono ritratti con il muso e le orecchie appuntite, i rami del noce si fanno biforcuti. L'orrore dell'evirazione, il suo respingimento e l'identificazione del padre con l'eviratore trova fissità in questo tratto ripetitivo.

La V (che non viene rilevata da Freud) allucina la fantasia soggiacente e si fa tratto che disegna il tratto della clinica, la singolarità del paziente.

A proposito di fobici, nel caso dell'uomo dei lupi, peraltro, il tempo messo fuori gioco dal paziente, trova un taglio nella decisione assunta da Freud che opera un taglio del tempo stabilendo la data della conclusione del trattamento.
Lo slittamento sulla clinica richiama alla mia mente il lavoro di M. Milner – vicina al pensiero di Winnicott -   che ci conduce all'idea che “Il pensiero è visivo […] le immagini si fanno pensiero a placare il tormento di quegli intralci che sembrano precluderlo …”  modi di pensiero pre-logici e non-discorsivi di cui siamo di solito inconsapevoli[2]. Nella clinica i disegni sono come il linguaggio privato della paziente linguaggi che si deve imparare a leggere (e a parlare) se si vuole avere cura (resoconto clinico di Susan).[3] 

Il di-segno ha una forma che contiene il suo rovescio, l'informe e le sue traversie. Come nel sogno l'arcaico e il fantasma (come organizzazione psichica inconscia) fa la sua comparsa, emergono come strutture sottostanti al contenuto manifesto. Raffigurazioni che attengono al primitivo, a forme di simbolizzazione “fuori dal tempo” lineare.

Il disegno come il sogno muove alla polisemia, deformazione – spostamento – condensazione laddove qualcosa si inventa e si scopre allo stesso tempo. Rimemora la “speculazione immaginativa” [4]  propria della costruzione del pensiero psicoanalitico.
Ruotano i capitoli i quali articolano, ognuno a suo modo, la domanda che non cessa di farsi attorno al tratto grafico del disegno:
Da dove viene la linea del disegno? […] da dove viene la linea di Freud, la linea psicoanalitica del disegno?”. “Potremmo dire – risponde l'A. - la linea viene dal taglio. Viene dal fatto che la psicoanalisi si inventa a partire da un taglio che è ferita, défaillance, perdita, trauma. Proviene, cioè, da un posto lasciato vuoto, da una assenza, di cui la psicoanalisi vuole essere la scienza” (p.207).
Difatti, a partire dal taglio ombelicale si declina la singolarità di un corpo.  Il taglio rimanda al lato enigmatico dell’enigmatico, all'origine dell'inizio misterioso e invisibile.

Il testo, frutto dell'incontro con il testo freudiano, non è mera ripetizione dello stesso ma trova una sua singolare misura, si muove in libertà, non si accontenta del sapere noto, approfondisce e si mette in gioco sino a trovare la sua propria parola, il suo proprio disegno.

 

[1]Freud S. (1901), Psicopatologia della vita quotidiana. OSF V. 4, p. 63

[2]Milner M. (2010) “Non poter dipingere”, Borla Editore

[3]Milner M. (1974) “Le mani del Dio vivente”, Armando Editore

[4]  Freud (1937), “Analisi terminabile e interminabile”, OSF – pag. 508

 



Partners & Collaborazioni