Cultura, cinema e arte

"Il Sorpasso del Lucignolo Gassman" di Flavia Salierno

Il Sorpasso, il celeberrimo film di Dino Risi, ha compiuto 60 anni. Qui una breve lettura psicoanalitica della figura di Vittorio Gassman, e del rapporto, nel film, dei due protagonisti: Bruno (Gassman) e Roberto (Trintignant). Due attori magistrali, che rimarranno sempre nei nostri ricordi.


"Il Sorpasso del Lucignolo Gassman" di Flavia Salierno


I fari puntati sulla figura imponente di Vittorio Gassman e buio intorno. Questa è l’immagine che per prima mi torna alla mente di quello che è stato l’attore, dalla bravura inarrivabile, della parte più bella del cinema nostrano. Stava recitando l’Amleto, in ginocchio, e il timbro della voce ancora risuona nella mia memoria. Indimenticabile, come il suono del clacson di quella Aurelia Sport del film, sulla via de “Il Sorpasso”.
La Roma vuota sembra la giusta scena per mettere in risalto i due protagonisti. E i fari, ancora una volta, vengono puntati sul ruolo, e l’imponenza, di Bruno (Vittorio Gassman), che della pellicola è l’indiscusso
mattatore. È lui, infatti, a suonare quel famoso clacson. È il “Lucignolo” Bruno, che nel film inscena il bisogno di trasgredire le regole nel tentare di primeggiare, di prendere in giro e sfidare la sorte. Portando l’ingenuo Pinocchio verso le vie della perdizione, ma anche segnando il passo della scoperta del mondo, altrimenti chiuso. Rappresentato dallo studente Roberto (Jean-Louis Trintignant). Lucignolo Bruno e Pinocchio Roberto, insieme, cercano simbolicamente il comune paese dei balocchi, per rimanere sospesi in uno stato di grazia, sospeso nello spazio e nel tempo. La celeberrima Lancia Aurelia come prolungamento narcisistico, l’“appoggio” materiale sul quale si siedono entrambi con l’illusione di sentirsi più forti. I due protagonisti come facce di una stessa medaglia destinata a un destino tragico, pur se nella rappresentazione della commedia. Da una parte la ricerca sfrontata di libertà e di indipendenza, Bruno, e il rigore morale e la chiusura, Roberto. A fondazione di un legame amicale necessario ad entrambi. Perché gli opposti è necessario si attraggano, per integrarsi e crescere. Dino Risi, però, sceglie di mandare un messaggio attraverso Bruno. Ovvero che l’intento primario di una esistenza non può essere “il sorpasso”, l’arroganza del distinguersi dalla massa dominando. Si potrebbe infatti dire che il “sequel” de Il Sorpasso sia Il Successo (uno del 1962, l’altro del 1963), sempre con Gassman e Trintignant, dove il primo perde gli affetti pur di raggiungere il successo, appunto. In entrambi i film, quindi, il ruolo del nostro Vittorio nazionale sprofonda nella solitudine, come conseguenza dell’ambizione esasperata e della prevaricazione. L’essere vincenti è uno stato di passaggio, che cede il passo alla perdita di quello onnipotente. Poichè la fine tragica, così, non sarebbe un infelice destino, bensì la triste prevedibilità di un epilogo nefasto.

Il commento, di Flavia Salierno, è apparso nella rubrica Psicocinema, sul mensile “Ciak” del mese di giugno 2022.



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