Esce la graphic novel, “Little waiting”, racconto d'amore che ignora i canoni sociali. E piccolo capolavoro di guerriglia semiologica
La libido funziona come l’aguas de Março in Brasile. Allaga. Come Little Waiting, la graphic novel di cui Ariel Vittori è autrice. Dove si ritrova la stessa dolcezza ma anche la stessa capacità di entrare sinuosamente e filtrare della canzone di Jobim, che canta: “È la legna, un piede, un tronco? La fine della strada, un racconto, un pesce, un gesto? È un serpente, un disgusto, una rana, il vuoto? È tutto ciò, perché sono le piogge di Marzo che chiudono l’estate”. Piogge torrenziali a quelle latitudini, che allagano ogni cosa.
Qualcosa che avanza nella sua disorganizzazione, che è nelle erbacce alla luce del mattino, come dice la nota canzone, standard assoluto in ogni playlist Bossa Chill di Spotify. Qualcosa che fluisce, transita e ramifica di zona in zona senza un ordine precostituito. Un po’ come le radici di una patata: il Rizoma, descritto da Deleuze e Guattari e tanto caro a Umberto Eco, che ne aveva fatto il massimo esempio del processo di disseminazione culturale. Qui è il paradigma della libido che vive nelle pieghe dell’orto, una gramigna, erbaccia infestante.
Little waiting, la graphic novel di cui stiamo parlando, è un piccolo capolavoro sulla molteplicità. Molteplicità irriducibile di corpi, organi, fluidi. Un molteplice che sovverte le strutture della differenza sessuale e che sfida le epistemologie consolidate a una nuova comprensione. Ma è geniale perché lo fa con una storia d’amore.
Di più. Con una storia d’amore romantica. Amore con la A maiuscola. A parte il fatto che i due protagonisti ne sovvertono completamente il costrutto e il codice: una storia bella, giocosa, delicata, quella che si dispiega in questo fumetto che racconta le identità di genere e le pratiche BDSM (Bondage Sado Maso), in maniera dolce, quotidiana.
Il fumetto si apre con un grande classico. L’immagine a letto di lei e di lui. I due protagonisti, Talhita e Aki, sono immersi in questo loro trasporto amoroso senza riserve: ci credono in maniera incondizionata. E noi lettori ci chiediamo stupefatti, non sanno che è tutto molto più complicato? Non sanno che non ci si incontra mai davvero completamente? Forse non hanno letto Lacan o se lo hanno letto non condividono la tesi che “il rapporto sessuale non esiste”. E non sanno che crederci comporta l’assunzione di un enorme dose di rischio? Nel dubbio, sembrano dirsi (e dirci) i due, diamoci giù di brutto, almeno per tutto il tempo del fumetto.
Talitha è una transessuale MtF (Male to Female), molto carina, e Aki una sorta di vichingo piuttosto “dominante”. Doppio taglio e ci sa fare come un vero duro. “Loro si ritrovano in Daddy, per il ruolo protettivo di Aki, e lei può sentirsi meno adulta e lasciarsi andare, da little girl”. Entrambi amanti di pratiche erotiche BDSM. Soprattutto della parte D/S (dominazione/sottomissione) “godendo nel cedere e ricevere controllo”. Sembrano immersi in un “perverso polimorfo” che li vitalizza, che dalla psicosessualità infantile scoperta da Freud trae una via di soggettivazione e riappropriazione dell’esperienza originaria con l’altro. Mantenendo l’aspetto di esplorazione creativa.
Il fumetto racconta le identità di genere, i corpi non normati e il BDSM in maniera tenera, quotidiana. Oggi, nel contesto di dispositivi culturali che ci vogliono sempre più edonisti e insoddisfatti, la sex kinky (tradotto letteralmente, sessualità stravagante) rischia di perdere il suo “eccesso”. Rischia di diventare una categoria merceologica. Il capitalismo post-industriale sembra riuscire a omologare e ricondurre tutto dentro i suoi costrutti.
Eppure Little Waiting si sfila. In questo processo sembra ritagliarsi una sua nicchia dove esprimere la singolarità di un incontro e di una relazione d’amore. Ed è per questo che non serve al fumetto presentarsi come eccessivo. Anzi. Questo rende ancora più forte la sua capacità di lavorare sulla decostruzione di un codice, rappresentando linee di fuga dai suoi binari pre-confezionati.
D’altronde quella del movimento Queer è la prima rivoluzione a suon di linguaggio e corpi. E in questa luce abbiamo letto Little Waiting. Un tentativo di rimettere la cultura in contatto con la sessualità e il desiderio, di negoziare con l’Altro. Ma anche una rivoluzione che mette una sfida culturale al centro dell’arena politica e che fa dei corpi il principale strumento di interferenza. E di lotta. Territori nei quali si definiscono i limiti del socialmente possibile.
Il tentativo è quello di ridefinire il rapporto che identità, sessualità, piacere e godimento intrattengono con l’Altro della matrice bio-psico-sociale, che definisce ciò che è dicibile e ciò che è visibile. E in questo senso non può che interrogare la psicoanalisi.
La teoria Queer punta a criticare i fondamenti. Ci fa vedere che diamo per scontate certe categorie e che queste categorie distribuiscono potere, attribuiscono benefici e proiettano destini. Per la teoria Queer si tratta di decostruire questi fondamenti sessisti ed “eterocentrici”, che silenziosamente fondano discorsi e organizzano dispositivi all’interno dei quali il soggetto è socialmente è posizionato. Chiariamo che qui non stiamo parlando di clinica, tanto meno di una clinica della fluidità. Confondere i due piani è rischioso. Mentre ridurre la posizione critica del movimento Queer a un “sintomo” rischia di mancare l’obiettivo e di perdere un’occasione.
Così lungo tutto lo scorrere delle belle immagini ad acquarello del fumetto, tra sesso orale, anale, giochi di dominazione e sottomissione, tra inversione-confusione-decostruzione del genere, viene mostrata e dimostrata l’invenzione di nuove forme vitali: dunque non “necropolitiche”, per dirla con Preciado. Nuove forme di amore e di affetto, che definiscono un’espansione possibile del quadro epistemologico, da cui il binarismo della differenza sessuale ha tratto, organizzandoli, i suoi processi di soggettivazione. Una sessualità senza uomini e senza donne, al contrario di come la cultura ha sempre avuto il bisogno difensivo di pensarla. Qualcosa che Freud coglieva con i Tre saggi già nel 1905.
Il fumetto intercetta e rappresenta un buco nel linguaggio della cultura egemonica. Un “Fuori” rispetto ai discorsi dominanti sull’etero e omosessualità.
Ma come si attraversa un linguaggio dominante? Con quale corpo e quali armi? ci chiediamo con Preciado. (2018)
Ariel Vittori con la sua opera sembra mostrarci una risposta a queste domande. La decostruzione del linguaggio dominante nel fumetto avviene attraverso una rivoluzione poetica, ludica e corporale che non ha la politica tradizionale come primario campo di lotta.
Per riscrivere il discorso sulla sessualità viene decostruito e de-codificato lo stereotipo del linguaggio egemonico sulla coppia di giovani innamorati e della vita privata.
Se vogliamo, questo è un attacco al cuore dell’idealizzazione della coppia in amore. E dunque la dolcezza delle immagini non tragga in inganno. Ciò che stiamo vedendo è in realtà un’eccitante macchina da guerra (Deleuze e Guattari 1980).
Come funziona la “macchina” ce lo illustrano le parole del teorico queer Paul Preciado: “Non si tratta più del corpo umano, né del corpo femminile o maschile, né del corpo razzialmente superiore o inferiore, bensì del corpo come piattaforma relazionale vulnerabile, storica e socialmente costruita, i cui limiti si vedono costantemente ridefiniti” (Preciado 2018, p.39).
La “macchina” di cui parla Preciado crea connessioni e produce un sapere senza senso di colpa o vergogna, non chiede scusa né cerca legittimazione, non descrive patologia o deficienza, e invece si presenta in forma di critica politica e di trasformazione sociale. Un sapere che - lo si voglia o no – “interferisce”. Una strategia che si interallaccia per rifrazione con le catene affettive e con i legami originari che creano l’umano e lo ancorano alla sua dipendenza, in questo caso politica, dall’Altro.
Per Preciado “l’identità non esiste, se non come illusione politica. Il desiderio non è una riserva di verità, ma un artefatto costruito culturalmente, modellato dalla violenza sociale… il desiderio è sempre un ritaglio arbitrario in un flusso ininterrotto e polivoco” (Ibidem, p.61).
Su questo piano il teorico queer sfida la psicoanalisi a essere capace di farsi domande. Di ascoltare il senso di quanto le viene rivolto.
E’ per questo che Little Waiting, nella vostra libreria, dovrebbe trovare posto tra “il desiderio omosessuale” di Guy Hocquenghem e “Il corpo lesbico” di Monique Wittig.
Perché il livello nel quale si muove Ariel Vittori è uno spiazzamento dell’enunciazione scientifica, che produce una rottura epistemologica. Rottura che dovrebbe attirare almeno l’attenzione di tutti noi.
Qui il discorso sulla sessualità è sottratto alle categorie “psico-poliziesche” che vogliono regolare e controllare i flussi del desiderio. Non si parla mai di sessualità nel fumetto, sebbene non manchi mai nelle giornate dei due amanti.
Ma vengono create le condizioni, per dirla ancora con Preciado, affinché sia possibile una riappropriazione di “strutture narrative” (che sono altrettante tecnologie del potere), di cui la coppia apparentemente etero della prima vignetta è un esempio. Il fumetto scava dall’interno lo stereotipo della coppia apparentemente etero ma, come i flussi dell’acqua di marzo, rovescia il costrutto che altrimenti avrebbe descritto i due protagonisti come “devianti”.
La “piccola attesa” (Little Waiting) che dà il titolo alla graphic novel culmina in un happy ending.
Un lieto fine annunciato da un sogno, che ne consente il transito. A sedare le preoccupazioni di chi teme che le soggettività queer non abbiano psiche, che siano “umani senza inconscio”.
Un sogno che nel modo più classico possibile preannuncia un desiderio. E’ un flusso polivoco come si intravede nell’immagine in trasformazione di un serpente la cui bocca si apre per far sbocciare un fiore e non solo… “Un serpente, un fiore, la pioggia di Marzo”.
“E adesso dormi. Veglio io su di te bimba. Come fai tu per me”
Si arriva alla reciprocità. Lieto fine.
Finale che, per una strana associazione, ci ricorda Fachinelli, sulla spiaggia di San Lorenzo al mare. Quando si chiede, dal fondo del torpore, come mai “dopo lo squarcio iniziale la psicanalisi ha finito per basarsi sul presupposto di una necessità: quella di difendersi, controllare, stare attenti, allontanare”.
Molti chilometri più ad ovest ma sempre su una spiaggia, davanti all’oceano, troviamo Fritjof Capra, il fisico autore de Il tao della fisica che ci ha permesso di prendere consapevolezza che tutto attorno a noi è parte di una gigantesca danza cosmica, così come Talhita e Aki: è proprio su quella spiaggia che Capra percepì il ritmo, sentì la musica e vide come anche gli atomi del suo corpo partecipassero di un vortice che scendendo dallo spazio in cascate di energia creava e distruggeva particelle con ritmi pulsanti.
Ps. Little Waiting non è distribuito dalle grandi piattaforme online, ma è possibile trovarlo contattando la Libreria Antigone di Roma e Milano.