"PSICHE" INCONTRA FABIO CASTRIOTA - “Frammenti e loro destini. Intervista a Fabio Castriota” di Alessia Fusilli De Camillis.
“I poeti ed i filosofi hanno scoperto l’inconscio prima di me; quello che io ho scoperto è il metodo scientifico che consente di studiare l’inconscio" (Freud, 1926).
Con questa citazione freudiana si apre l’intervista di Alessia Fusilli De Camillis a Fabio Castriota, psicoanalista SPI e autore del romanzo “Frammenti in ombra”, pubblicato nel 2021 per Albatros, e vincitore del premio dell’Intenational Psychoanalytical Association “The analyst as Storyteller” per il suo racconto “Ice Rock”.
Nell’intervista l’autore, grazie alla sua peculiare posizione di psicoanalista e di narratore, aiuta ad esplorare la Distanza tra letteratura e psicoanalisi come spazio potenziale.
A.F.D.C.: Qual è il ruolo della creatività e dell’espressione artistica, letteraria in rapporto alla psicoanalisi?
F.C.: La creatività ha un valore fondamentale nella vita e quindi anche nel percorso analitico. Freud, come sappiamo, era molto interessato soprattutto alla letteratura e colpito dalla relazione tra arte e fantasia… Nella storia della psicoanalisi il ruolo della creatività e dell’espressione artistica, non solo letteraria, si è andato sviluppando, questo perché i linguaggi dell’Arte nelle varie forme espressive ci possono suggerire sentieri nuovi per avvicinarci alla lingua segreta della nostra psiche.
A.F.D.C.: Possiamo considerare la lettura di un romanzo, la visione di un’opera artistica o cinematografica, come un viaggio minimo che permette una potenziale nuova esperienza rispetto a noi stessi e alla nostra visione del mondo?
F.C.: Noi non siamo solo l’espressione degli accadimenti (più o meno traumatici) della nostra vita, né soltanto le memorie (rimosse o implicite) che continuano a influenzare le nostre strutture psichiche in modo più o meno nevrotico, se non talvolta psicotico, siamo anche frutto del nostro rapporto col bello (nella sua accezione psicologica, non solo stetica o etica) e quindi anche con l’arte.
A.F.D.C.: Nel suo Seminario parigino Bion (1978) invita gli psicoanalisti a vedersi come artisti: “Che tipo di artista siete voi? Vasai, pittori, musicisti, scrittori? Nella mia esperienza alcuni psicoanalisti non sanno che tipo di artisti essi siano. Se non riusciamo a vederci come artisti, allora abbiamo sbagliato lavoro”. Quale pensa sia il ruolo e la funzione dell’atteggiamento creativo-narrativo dell’analista in analisi?
F.C.: Come sperimentiamo quotidianamente nel lavoro clinico con il paziente, l’analista attiva una creatività paragonabile a quella dell’artista; è questa la dimensione artistico-creativa della psicoanalisi come professione che Bion ci ricorda. Credo che possiamo considerare artistici quegli aspetti del nostro lavoro che si avvicinano a quella dimensione che mette in moto l’affermarsi di aspetti creativi (che possono poi trovare forma nella narrazione). Proprio per cercare di far emergere, rendere visibile, con loe parole di Paul Klee, ciò che viene segretamente percepito, dare visibilità al conosciuto non pensato di Bollas, lavoriamo soprattutto con certi pazienti utilizzando un approccio che si avvicina alla conoscenza intuitiva degli artisti.
In “Distanza”, numero 1/2022 della Rivista Psiche