di Luisa Cerqua
Movimento psicoanalitico e nascita del Centro Psicoanalitico di Roma: quadro di riferimento storico
Emilio Servadio ed il Movimento Psicoanalitico in Italia
La costituzione del Centro Psicoanalitico di Roma (CPdR) è strettamente legata alla figura di Emilio Servadio, personaggio centrale del Movimento Psicoanalitico Italiano e della fondazione della SPI.
Egli fu accanto ad Edoardo Weiss fin dal 1931, anno del suo arrivo a Roma e della fondazione del primo piccolo gruppo italiano di giovani aspiranti psicoanalisti che prese a riunirsi attorno all’allievo di Freud nella sua abitazione romana, all’inizio in via dei Gracchi e, successivamente, in via Bellini n.1.
Servadio aveva ventisette anni e su invito di Calogero Francesco Enrico Tumminelli, primo editore della Treccani, aveva lasciato Genova e iniziato la sua lunga collaborazione al Progetto Enciclopedico avviato nel 1927 per iniziativa del governo di allora. Una lunga e fruttuosa collaborazione che durò dal 1927 al 1994, anno della morte di Servadio.
In quegli anni praticare e diffondere la psicoanalisi in Italia richiedeva certamente coraggio, ottimismo e intraprendenza.
I pionieri del Movimento Psicoanalitico Italiano erano immersi in un contesto di "cultura ufficiale, filosofia ufficiale, psichiatria ufficiale", monopolizzati da una certa tradizione idealista, estranea ed ostile al pensiero psicoanalitico (Flora), che Servadio senza mezzi termini definiva "dotta ignoranza".
Fortunatamente per la causa psicoanalitica, a Teramo, già nel 1925, il prof. Levi Bianchini (direttore dell’ospedale psichiatrico di Nocera Inferiore), aveva legalmente costituito l’associazione ispirata alle teorie freudiane denominata SPI, Società Psicoanalitica Italiana.
Senza questa testa di ponte, nel 1932 in pieno regime fascista, sarebbe stato impossibile ottenere ex novo dalla Regia Prefettura di Teramo, quella stessa autorizzazione.
Nel 1932, grazie all’autorizzazione legale ottenuta nel 1925 da Levi Bianchini e alla tenacia di Weiss e dei suoi allievi, nasce il Movimento Psicoanalitico Italiano.
La rifondata società, da Teramo viene trasferita a Roma con la denominazione originaria del 1925: SPI, Società Psicoanalitica Italiana.
Servadio stesso racconta: "…quando E. Weiss si trasferì da Trieste a Roma, prese subito contatto con alcuni studiosi che si interessavano di psicoanalisi, in particolar modo con Nicola Perrotti e con me…eravamo in quattro o cinque in una stanza in casa di Edoardo Weiss…ma se i soci fondatori erano pochi, grandi erano la speranze e grandi la ambizioni… Nel 32 rifondammo in quattro o cinque ,di fatto, la Società Psicoanalitica Italiana (SPI), che esisteva solo di nome dal 1925...".
"La SPI costituita nel 25 era stata soltanto un sodalizio nominale e senza storia: cosicché è perfettamente corretto datare la vera origine al 1932, anno in cui fu costituita ex novo da E. Weiss." (Le due Gradive pag. 117, Bellanova).
In quegli anni la vita sociale e culturale italiana si avviava a funeste trasformazioni.
Nel ‘22 sale al governo Mussolini e nel ‘24 il delitto Matteotti segna la svolta autoritaria del regime. Partiti politici e sindacati oppositori vengono sciolti e nascono nuovi organismi istituzionali quali polizia segreta, tribunali fascisti, Gran Consiglio etc.
E’ in questo clima che nasce il Movimento Psicoanalitico Italiano.
Collaborazione tra Weiss e Servadio
Nel pieno di queste temperie (1932), Edoardo Weiss fonda la Rivista di Psicoanalisi, organo ufficiale della Società Psicoanalitica Italiana, i primi redattori sono Servadio e Perrotti (Roma), Musatti (Padova), Dalma (Fiume), Banissoni (Trieste).
Malgrado la buona volontà dei fondatori, nel clima ideologico-culturale e politico di questo periodo storico, la rivista è destinata a vita breve, ma non sorprendente se si pensa alla forza rivoluzionaria di un pensiero come quello basato sull’inconscio.
Weiss racconta come la rivista fu subito oggetto di controlli e pressioni politiche: "Verso la fine del ‘33 la Rivista Italiana di Psicoanalisi venne costretta a sospendere la pubblicazione. La situazione in Italia peggiorava progressivamente per gli scienziati ebrei perché il governo fascista faceva pesare sempre di più la discriminazione razziale".
Anche se nel 1934 vennero pubblicati i primi due fascicoli della rivista non fu possibile metterli in vendita perché, come Servadio racconta: "… le autorità fasciste non rinnovarono al periodico i necessari permessi…un espediente per bloccare una pubblicazione che dava fastidio al regime…in nessuna circostanza storica psicoanalisi e dittature sono mai andate d’accordo."
La pubblicazione della "Rivista di Psicoanalisi", sotto la direzione di Cesare Musatti con redazione a Milano, fu ripresa nel 1955, dopo la fine della guerra.
Psicoanalisi e regime fascista
Un curioso aneddoto esemplifica la delicata situazione in cui erano i pionieri della psicoanalisi, lo racconta Edoardo Weiss. Nel 1933 aveva dovuto accompagnare a Vienna, per un consulto con Freud, una giovane paziente ed il di lei padre molto vicino a Mussolini. Nel congedarsi da Freud, il padre della ragazza aveva rivolto al padre della psicoanalisi una richiesta cui fu impossibile sottrarsi: un dono per il Duce!
Il fondatore della psicoanalisi si trovò nella necessità di dedicare al fondatore del Regime dittatoriale italiano un suo scritto e la scelta di Freud cadde su "Perché la guerra?", lo scambio di riflessioni con Einstein. Quella copia su cui Freud aveva vergato di suo pugno una dedica, fu successivamente rinvenuta negli Archivi di Stato romani.
La dedica stilata da Freud era: " A Benito Mussolini, coi rispettosi saluti di un vecchio che nel Governante riconosce l’eroe della cultura", frase non priva di ambiguità.
Quel libro, archiviato nell’Inventario beni ex-Mussolini, portava il timbro dell’ Intendenza di Finanza di Brescia; il Duce, forse, lo aveva portato con sé al Nord durante la Repubblica di Salò.
Alla fine del novembre 1934 Servadio, nonostante le evidenti difficoltà e non senza un certo sprezzo del pericolo, si espone politicamente chiedendo le autorizzazioni per il riconoscimento in ambito nazionale e internazionale della Società Psicoanalitica Italiana e del suo organo di diffusione, la Rivista di Psicoanalisi.
Nonostante il clima di sospetto che circonda le iniziative della nascente disciplina psicoanalitica e malgrado gli scarsi mezzi a disposizione, Servadio è molto attivo, crea e mantiene in vita numerosi contatti col Movimento Psicoanalitico Europeo. Non intimidito dal clima autarchico che andava prevalendo nella cultura italiana, conduce estenuanti trattative presso il Ministero dell’Interno per ottenere l’autorizzazione a iscrivere la Società Psicoanalitica Italiana alla società Internazionale.
Il 27 novembre del 1934 infatti, su carta bollata da lire cinque, ripresentava l’ennesima "rispettosa istanza affinché venga concesso ufficialmente di appartenere alla Società Psicoanalitica Internazionale ed a quella di Vienna". Il Ministero dell’Interno diffida e temporeggia, richiedendo a Servadio gli Statuti delle sconosciute e "sospettabili" Società Psicoanalitiche Europee cui il Movimento Psicoanalitico Italiano si ispira, "le cui finalità non risultano chiare".
Il primo aprile del 1935, dopo numerosi scambi epistolari con solleciti e rinvii, il Ministero dell’Interno notifica il suo rifiuto e restituisce gli Statuti delle Società "straniere", allegati come da richiesta: "… non si ritiene opportuno concedere al dott. Servadio l’autorizzazione richiesta".
Nel dossier riservato inviato al Questore di Roma si legge: "Mi risulta che si tratta di una scienza seriamente combattuta dai luminari delle malattie nervose…la Psicoanalisi, come predicata dal suo creatore dott. Sigismondo Freud è considerata qui (cioè nel sacrario dell’Università di Vienna) più sotto l’aspetto reclamistico ed affaristico. Freud gode fama di buon medico e di non cattivo psichiatra, ma non anche di una celebrità".
Segue un’informativa di carattere politico a sfavore del dott. Freud dove si allude a possibili collegamenti con "socialisti e comunisti", una presunta corrispondenza con "l’anarchico italiano Bernari" e, soprattutto, che i membri del direttorio della Società di Vienna sono "medici ebrei".
Il documento prosegue con ulteriori dubbiosità e diffidenze circa la società freudiana ed i suoi appartenenti: "…non si capisce la necessità di una società come quella di Freud...non è esclusa la possibilità che un’associazione del genere possa servire a mascherare tendenze politiche…non favorevoli al Fascismo. La madre del dott. Servadio sembra essere israelita…anche qui in Italia il movimento dovrebbe essere fatto attraverso ebrei, i più accessibili a certe teorie filosofiche a substrato politico". (Le due Gradive, P. Bellanova).
A posteriori è facile pensare che la risposta negativa del Regime era prevedibile, ciò che non manca di sorprendere sono la vitalità e la perseveranza ottimistica dei pionieri della Psicoanalisi Italiana, la fiducia in se stessi e nella loro causa.
Nel 1936 Weiss ottiene l’ammissione della SPI a Società componente dell’IPA, Associazione Psicoanalitica Internazionale. Nonostante la "ancora non soddisfacente preparazione analitica degli analisti Italiani", nonostante il divieto del Ministero degli Interni e le molteplici ostilità in ambienti politici, medici e culturali.
Un documento della Questura di Roma datato 29 maggio 1935, pur constatando "il contegno politico positivo del dott. Servadio", ribadisce senza mezzi termini la forte ostilità politica verso le sue iniziative: " …il dottor Servadio ha tenuto contegno deferente nei confronti del regime, è redattore Dell’Enciclopedia Italiana nonché collaboratore di periodici e riviste. È’ però collegato al dottor Sigismondo Freud, professore all’università di Vienna, già segnalato a questo ufficio come elemento sospetto da rintracciare e fermare". (Le due Gradive, P. Bellanova)
Era ancora attuale l’eco della Grande Guerra (15 -18). "L’Austria era per l’Italia la nazione nemica per eccellenza, e Freud era Viennese. Il fascino esercitato sulla élite italiana da quel formidabile centro culturale che fu la Vienna fin de siècle si trasformò in un senso ambivalente di ostilità e rifiuto”. (M. David, La Psicoanalisi nella cultura Italiana, 1966, pag. 162)
David riconduce l’atteggiamento ostile degli avversari del freudismo in Italia all’anti-teutonismo di allora, al semitismo di Freud unitamente al fattore religioso e filosofico. Egli evidenzia che accanto a difficoltà di tipo materiale e didattico ci fossero fattori di natura affettiva profonda: "Bisogna cercare in un nucleo affettivo più segreto i motivi veramente attivi. Credo che nella maggior parte dei casi fu la paura di una anarchia sessuale, di una liberazione incontrollata della sessualità nella società, ad avere quella parte...Il tabù sessuale ottocentesco e l’oscuro timore che ne deriva… Va anche considerato quanto la psicoanalisi si presentava allo psichiatra e al neurologo come una vera rivoluzione… Il tirocinio necessario per l’esercizio concreto della psicoanalisi era fuori della portata della maggior parte dei medici italiani." (M. David, La psicoanalisi nella cultura italiana, Boringhieri, 1990).
Ettore Rieti, giovane psichiatra genovese, nel 1933 offre un bilancio critico della psicoanalisi in Italia: "Chi guardasse a più di trenta anni ormai dalle prime esperienza di Freud, in Italia sono pochi e non sempre esatti i libri di divulgazione...moltissime le polemiche. L’attività svolta in Italia intorno al movimento iniziato da Freud ha spesso un carattere di passionalità…polemiche, esaltazioni o denigrazioni" (M. David, op. cit.).
Gli anni che vanno dal 1935 al ‘40 sono cruciali per l’Italia perché il Paese entra in fase bellica:
1935 guerra d’Etiopia, 1936 Asse Roma-Berlino, 1938 leggi razziali (esilio di Freud a Londra), 1939 Patto d'acciaio Mussolini-Hitler, invasione di Polonia e Francia, dichiarazione di guerra all’Inghilterra,
1940 l’Italia alleata con la Germania entra in guerra esordendo con la disastrosa campagna di Grecia.
Nel 1936 tuttavia, i padri della Psicoanalisi Italiana sono attivi in Italia e all’estero, lo testimonia la partecipazione al XIV Congresso Internazionale di Psicoanalisi di Marienbad.
In questa sede la SPI è ufficialmente riconosciuta dalla comunità psicoanalitica internazionale. Weiss, al ritorno dal congresso, lo comunica formalmente alla Prefettura di Roma.
Il carteggio ufficiale del 1937/38 conservato dall’archivio della stessa Prefettura, testimonia la perseveranza dei i pionieri della psicoanalisi italiana che, seppur consapevoli della sorda ostilità degli interlocutori politici e della dominante cultura clerico-fascista, aderiscono al movimento psicoanalitico italiano. Nonostante siano oggetto di indagine politica, Musatti, Levi Bianchini, Weiss, Servadio, Perrotti, Hirsch, Kovacs, rivendicano il diritto di riconoscimento ufficiale della SPI.
Nel 1938, anno del Congresso di Parigi (l’ultimo prima della guerra), dell’occupazione germanica dell’Austria, dell’esilio di Freud a Londra e della promulgazione della leggi razziali italiane, Weiss e Servadio per l’ultima ennesima volta richiedono, senza successo, l’autorizzazione ufficiale necessaria per l’iscrizione alla Società Internazionale di Psicoanalisi.
La documentazione della questura di Roma allegata alla loro domanda, testimonia la profonda ostilità e la diffidenza verso la psicoanalisi e verso tutte le associazioni psicoanalitiche.
Dai documenti ufficiali risultano indagini e ricerca di informazioni svolte da funzionari dello stato Italiano sugli scopi "poco chiari, della sospettabile Società Psicoanalitica Internazionale; e specificatamente su un certo dott. Jones, di Londra".
Alla fine del 1938 la situazione politica è insostenibile anche per quegli indefettibili studiosi italiani dell’inconscio. "Servadio cominciò a maturare l’idea dell’espatrio, che avverrà prontamente all’emanazione delle leggi razziali del 38. Fino a quel momento l’incarico all’Istituto dell’Enciclopedia aveva garantito a Servadio la sussistenza è una parziale copertura politica…Lo stesso Gentile gli propose, in quei drammatici momenti, una variazione del contratto che lo avrebbe avvantaggiato… L’intesa con Gentile, U. Spirito e G. Calogero, doveva essere delle migliori se gli avevano affidato tutto l’ambito delle materie psicologiche, finanche la scelta dei collaboratori." (Simona Baglivo, 2005).
Nel 1938 inizia la diaspora poiché quasi tutti i soci SPI erano di "razza ebraica". Servadio fu il primo a partire trasferendosi in India dove resta 9 anni. Tornerà in Italia a guerra ultimata (1946).
In India ebbe modo di "approfondire enormemente la conoscenza delle religioni orientali ma soprattutto di fare esperienza diretta della spiritualità: al suo ritorno è ormai indelebile la convinzione che esistono piani dell’essere che nessuno strumento scientifico può completamente indagare che vanno posti sotto l’insegna del sacro e tenuti ben distinti dal piano profano". (Simona.Baglivo)
Nel 1939, anche Weiss emigra con la famiglia e si insedia a Chicago dove fonda una nuova Società Psicoanalitica. Tutti gli appartenenti al primo gruppo italiano di psicoanalisti si dispersero in vari paesi del mondo: Hirsch in Venezuela, Kovacs muore in un sanatorio svizzero, solo Levi Bianchini resta in Italia, nascosto.
Racconta Servadio che "dai primi del 1938 sino a tutto il 1945 in Italia non si parlò praticamente più di psicoanalisi. La Società Psicoanalitica cessò di funzionare, i tre o quattro analisti rimasti trattavano sporadicamente qualche "caso", ma per tutto il resto si trovavano tagliati fuori dal Movimento Psicoanalitico mondiale, costretti ad anteporre interessi immediatamente vitali (sopravvivere) a quelli tecnici e scientifici". (Le due Gradive, P. Bellanova).
Ripresa del Movimento Psicoanalitico Italiano nel dopoguerra
Dopo la Liberazione J. Flesher, profugo dalla Galizia rifugiato in Italia, rimette in moto il movimento psicoanalitico italiano dando il via a una notevole attività psichiatrico-psicoanalitica. Scrive articoli e tratta pazienti. Nel 1944 pubblica "Psicoanalisi della vita istintiva", primo testo di psicoanalisi stampato in Italia dopo la fine del conflitto.
Quando nel gennaio del 1946 Servadio torna dall’India, riprende subito a dedicarsi all’opera di divulgazione ed al progresso clinico-teorico della psicoanalisi, con lui Nicola Perrotti, Alessandra Tomasi di Lampedusa e Cesare Musatti che, qualche anno prima, aveva sostenuto la polemica col filosofo Antonio Banfi a proposito del significato scientifico e storico della psicoanalisi nella cultura del primo novecento" (Fascicolo per il cinquantenario della Rivista, 2004).
Servadio si rimette al lavoro svolgendo una intensa opera scientifica e divulgativa; promuove idee e iniziative mirate a diffondere la cultura psicoanalitica anche fuori dalla cerchia ristretta degli addetti ai lavori e si avvale dell’esperienza di strategie di comunicazione e divulgazione maturate attraverso la collaborazione con l’Enciclopedia svolta dal 1930 al 1937. Sviluppa la sua opera non solo attraverso i numerosi articoli scientifici ma attraverso conferenze, trasmissioni radiofoniche e televisive. Da Roma riprende le fila dei contatti con i colleghi italiani ed europei. "Con Musatti e Perrotti ricostruisce la Società Italiana di Psicoanalisi che ora trova molti affiliati. Riprende anche la collaborazione con la Treccani e si inserisce a fondo nel dibattito culturale divenendo rapidamente un personaggio pubblico, come testimonia l’interessante carteggio tra Servadio e Calogero". (1960/ 1976, arch. Treccani). Tra il 1950/60 i lemmi del Dizionario Enciclopedico Italiano dedicati direttamente alla psicoanalisi sono 190.
Il 22 novembre 1946, a Roma, si tiene il Primo Congresso Italiano di Psicoanalisi, con notevole risonanza nazionale ed estera. Tra i relatori Servadio, Perrotti, Modiglioni, Tomasi di Lampedusa.
Nel 1947 sono ufficialmente ricostituite la "Società Psicoanalitica Italiana" (Presidente Nicola Perrotti) e la rivista "Psicoanalisi" (già fondata nel 45) ora suo organo ufficiale (diretta da Flesher).
Nel 1949 Cesare Musatti pubblica il "Trattato di Psicoanalisi".
Al primo congresso, detto della Rinascita, fece seguito quello del 1950 sul tema "L’aggressività", affrontata da differenti autori in varie relazioni e comunicazioni.
La rivista Psicoanalisi avrà successive fasi di sviluppo: nel 1948, dopo il trasferimento di Flesher negli Stati Uniti, alcuni analisti italiani fondano la rivista "Psiche", con carattere scientifico e divulgativo. Viene pubblicata fino al 1951 e solo successivamente ripresa.
Nel 1955 nasce la "Rivista di Psicoanalisi" a carattere prettamente scientifico e organo ufficiale della Spi.
A partire dall’immediato dopoguerra gli analisti SPI partecipano attivamente al Movimento Psicoanalitico Internazionale, prendono attivamente parte ai vari congressi internazionali e traducono in lingua italiana l’opera completa di Freud e di molti altri autori stranieri.
La suddivisione dei gruppi psicoanalitici e la nascita dei Centri
Le controversie degli psicoanalisti, scientifiche e sulla formazione, hanno sempre caratterizzato tutte le Società di Psicoanalisi e la Società Italiana non fu da meno. Attraverso le parole di Servadio si conserva la memoria di questi primi anni di rifondazione: "Dopo la resurrezione del 1947 la SPI ebbe varie vicende. Alcune divergenze tra analisti seniores circa i criteri e i sistemi del training portarono per qualche anno a notevoli contrasti e separazioni di gruppi finché l’Associazione Psicoanalitica Internazionale, interpellata, non riconobbe fondate le esigenze di coloro i quali volevano che fossero rispettati anche in Italia gli standard formativi ormai adottati da lungo tempo nei principali paesi occidentali."
In seguito a questo intervento dell’IPA, in Italia si costituiscono tre diversi gruppi di analisti organizzati in tre differenti Centri: il Centro di Milano, la cui figura di riferimento è Musatti; il Centro di Roma, le cui figure di riferimento sono Servadio, Pernotti e Modiglioni. Il Centro di Palermo, la cui figura di riferimento è la principessa Tommasi di Palma.
Nel 1960/61 gli psicoanalisti romani si dividono in due gruppi: si formano i due attuali Centri: "Centro di Psicoanalisi di Roma", con presidenza di Perrotti e sede in via Salaria; il "Centro Psicoanalitico di Roma" con presidenza di Servadio e sede in Via Cadlolo.
I due Centri psicoanalitici romani iniziano anche a funzionare come Istituti di Training.
Non sono chiari i motivi per cui i due Centri scelsero allora sedi separate. Come ricorda Petacchi in una conversazione privata, nel 1961, Perrotti e Servadio erano pronti a traslocare in una sede comune suddividendosi gli spazi. Perrotti in quel periodo fu coinvolto in una polemica legata all’uso di fondi del Ministero della Sanità per scopi privati, montatura di cui successivamente fu chiarita la natura, che riguardava fondi derivanti dalla vendita della penicillina sotto forma di provvigione erogata a chi se ne era occupato. Perrotti, che aveva ricevuto a buon diritto questo extra, si rivolse all’allora Presidente della Repubblica De Nicola affinché la faccenda fosse ufficialmente chiarita e De Nicola se ne occupò personalmente. La vicenda legale fu chiarita a favore di Perrotti e l’acquisto della Sede Sociale del gruppo di via Salaria avvenne anche grazie proprio a quei fondi concessi dal Ministero della Sanità.
La querelle suscitò certamente qualche scalpore e Petacchi ricordava in proposito una vignetta satirica uscita sulla rivista "Candido".
L’iter giudiziario, di una vera e propria montatura, si trascinò purtroppo con i tempi della giustizia italiana e Perrotti fu ufficialmente assolto solo dopo ben venticinque anni. Probabilmente, fu questo uno dei motivi che indussero Servadio a rinunciare al progetto di una sede comune tra i due gruppi romani e per molti anni ci furono due Centri psicoanalitici e due sedi sociali diverse, come risulta dai Bollettini del 1964. Oggi i due Centri, ancora distinti, condividono una stessa sede in via Panama n.48, anche sede ufficiale della Spi. Le due sezioni romane funzionano come Centri di Psicoanalisi autonomi e dispongono di attività di training e attività scientifiche, separate e autonome, con standard formativi simili.
Le difficoltà dei pionieri della psicoanalisi
Nell’immediato dopoguerra e negli anni successivi era stato alquanto problematico il dialogo tra la Psicoanalisi e la Psichiatria italiana che dopo il ventennio, essendo rimasta lungamente chiusa ai contatti e confronti con la psichiatria internazionale, si era trovata fuori dal dialogo scientifico internazionale, isolata ed arretrata. In uno scritto sull’argomento Eugenio Gaddini rappresenta così la situazione di allora: "…la neuropsichiatria italiana di cui è nota la chiusura verso la psicoanalisi all’inizio della guerra, si trovò alla fine della guerra in una situazione molto grave. L’epoca del fascismo aveva impedito ogni contatto con il mondo americano ed inglese, dove la psichiatria, con l’apporto della psicoanalisi, aveva avuto un grande sviluppo. Anche la Germania era andata incontro ad un processo involutivo sotto il nazismo. Nell’immediato dopoguerra gli psichiatri italiani furono soverchiati da una valanga di bollettini riassuntivi in lingua inglese o in pessimo italiano…in cui veniva fornita una psichiatria dinamica già evoluta che presupponeva conoscenze in realtà inesistenti in Italia. I giovani capaci di leggere in lingua inglese constatavano lo stridente divario che c’era tra lo sviluppo conseguito dalla psichiatria dinamica nel resto del mondo e le posizioni antiquate della neuropsichiatria italiana" (E. Gaddini, Il Movimento psicoanalitico italiano, 1971).
In un suo articolo del 1965 anche Servadio evidenzia i fattori problematici che avevano condizionato lo sviluppo del Movimento psicoanalitico italiano: "… le difficoltà che la psicoanalisi ha incontrato in Italia sono dovute a quattro ordini di fattori. Uno è costituito da una certa tradizione cattolica… Un altro è l’orientamento "organicistico" che ha contraddistinto per molti anni la psichiatria italiana, la quale ancora risente in parte delle impostazioni materialistiche sia della psichiatria tedesca "classica" sia della scuola "positiva" di C. Lombroso e di E. Ferri, sia dell’orientamento neurologico di A. Tanzi, L. Bianchi e V. Buscaino.
La terza difficoltà è stata rappresentata dalle correnti filosofiche idealistiche (B. Croce, e G. Gentile) che hanno dominato un ampio settore della cultura Italiana per circa mezzo secolo.
La quarta, infine, dall’ostilità delle correnti politiche di estrema sinistra e dei teorici del marxismo ortodosso" (Le due Gradive, P. Bellanova, 1982).
Dopo l’età dei pionieri
Sul finire del 1964 la SPI è in crescita e comprende più di 50 membri tra Ordinari ed Associati.
Osserva Gaddini che: "… all’aprirsi degli anni 60 una nuova generazione di training e di supervising analysts entra in azione", incrementando sia il numero dei candidati che l’attività scientifica.
Nel 1969, il 26° Congresso della Inernational Psycho-Analytical Association si tiene a Roma, il successo di partecipazioni internazionali è straordinario.
La psicoanalisi Italiana inizia a rendersi visibile nel mondo psicoanalitico internazionale, fiorisce in questo periodo una ricca produzione scientifica , testimoniata da Congressi e pubblicazioni .
Caratteristiche dell’attività di ricerca psicoanalitica del CPDR dal 1964
"La ricerca scientifica ufficiale riguardava l’evoluzione psichica, un tema molto freudiano, e le fasi dello sviluppo psicosessuale. Servadio scrisse un lavoro sulle fasi pre-edipiche. Ma fra le righe si vedeva che Servadio dava molto peso all’inconscio che non è molto facilmente controllabile dalla ragione, fin dall’inizio era già in germe l’idea di dover poi lavorare sulla relazione." (intervista ad Adamo Vergine, 2005)
La documentazione sulle origini del Centro è disponibile nei Bollettini del CPDR (il primo è a cura di E.Gaddini), parte dal 1964/65, 3°anno dalla costituzione de Centro.
Nel 1964, l’organico del Centro è composto di soli 15 membri, suddivisi in Direttivo, Soci Fondatori Ordinari, Soci Ordinari, un socio Straordinario.
La sede sociale, situata in via Cadlolo, funziona sia come Centro Psicoanalitico sia come Istituto di Psicoanalisi.
Le finalità sono dichiarate nell’art.2 dello Statuto:
- Promuovere studi e ricerche nel campo della teoria e della pratica psicoanalitica
- Svolgere attività d’insegnamento della psicoanalisi
- Diffondere la conoscenza della psicoanalisi
Il Consiglio Direttivo del Centro è composto da tre membri ed un Segretario:
– Presidente, Emilio Servadio
– Vice Presidente, Eugenio Gaddini
– Consigliere, Anna Maria Muratori
– Segretario, Paolo Bellanova
Organico dell’Istituto di Psicoanalisi:
– Emilio Servadio, Direttore
– CarloTraversa,Vicedirettore
– Eugenio Gaddini, Segretario
La Commissione d’Insegnamento (Didatti)
– Stefano Fajrajzen
– Eugenio Gaddini
– Anna Maria Muratori
– Emilio Servadio
– Carlo Traversa
Membri ordinari della SPI incaricati di svolgere corsi teorici
– Piero Bellanova
– Anna Maria Galdo
– Luciano Leppo e Stefania Manfredi Turillazzi non svolgevano ancora funzioni didattiche.
– Lidia Forti è Socio straordinario.
Nel 1963 Ignazio Majore e Claudio Modigliani vengono esclusi dal CPdR , dalla SPI e dall’IPA, ne parla Servadio nella prolusione dell’anno accademico 1964/65.
L’istituto di Trainig vanta 14 candidati, e accetta 6 domande di analisi con prospettive didattiche.
Il riepilogo sintetico dei temi di studio, ricerca scientifica e divulgazione affrontati durante un anno di lavoro, testimonia la passione conoscitiva e la generosità dell’impegno formativo e divulgativo dei Soci Fondatori del CPdR.
1964/65: Attività scientifica de CPdR a partire dal 3° anno di vita del Centro
L’attività scientifica del decennio che va dal1964/74 si concretizza in lavori presentati e discussi al Centro, riunioni, congressi e conferenze nazionali ed internazionali, attività di consulenza, insegnamento e collaborazione con le diverse istituzioni.
Nel 3° anno di vita il 1964-65 i rappresentanti del Centro partecipano a numerosi e differenti congressi: – Congresso degli psicoanalisti di Lingua Romanza Milano
– Congresso internazionale di Psicoterapia a Londra
– Congresso Internazionale sull’Ipnosi a Parigi
– Conferenza internazionale sull’uso dell’LSD in psicoterapia ad Amityville
– Congresso nazionale degli psicologi italiani a Torino
– Conferenza internazionale su "Religione e parapsicologia" a St. Paul de Vence
– Congresso internazionale di Psicologia dello sport a Roma
I Soci del CPdR si distinguono nell’attività di ricerca per le differenti tipologie di contenuti scientifici affrontati e trattati, sia nell’analisi degli adulti sia nell’analisi infantile; dai resoconti nei Bollettini del Centro si evince un’immagine di varietà e libertà di linee di ricerca di confronto e discussione, un aspetto caratteristico di questa fase di sviluppo del CPdR.
L’ impegno è rivolto anche all’esterno dell’ambito scientifico istituzionale e testimonia la volontà di sostenere il Movimento psicoanalitico diffondendo la psicoanalisi nella cultura generale del Paese.
Emilio Servadio, presidente del CPdR, è anche Presidente della Società Psicoanalitica Italiana e, in questa veste, rappresenta la SPI in tutti i congressi internazionali e nazionali.
Viene eletto Membro Ordinario dell’Academy of Psychoanalysis; è uno dei tre responsabili dell’organico dell’Istituto di Training; tiene lezioni sul Sogno nella situazione analitica e sul pensiero di Melanie Klein .
Lavora sulla possibilità di esperienze farmacologiche (psicodeliche) come fasi finali dell’analisi didattica.
Contribuisce alla diffusione della psicoanalisi tenendo conferenze anche per non addetti e attraverso l’uso dei media, radio e televisione.
Eugenio Gaddini, approfondisce i "Problemi di transfert e controtransfert"; viene invitato dal Presidente dell’I.P.A. a far parte del Comitato per il programma del Congresso Psicoanalitico Internazionale di Amsterdam; riorganizza la Rivista di Psicoanalisi. Lavora sull’effetto "P.E.S." nella situazione analitica, vale a dire sul verificarsi, nell’ambito del rapporto analitico, di fenomeni riconducibili a percezioni di natura diversa da quelle di senso, note nella letteratura col termine di "percezioni extrasensoriali".
Piero Bellanova, partecipa ai lavori della Consulta professionale per il settore "Psicoterapia" della S.I.P.S.; tiene corsi di psicologia sociale e dinamica presso l’Istituto Superiore di Studi sul Lavoro; svolge attività di consulenza all’Istituto Nazionale di Osservazione di Rebibbia, per criminali giovani e adulti. All’Università di Padova e di Roma corsi sul " Primo colloquio clinico",
Lavora sulla relazione tra omosessualità e inclinazione artistica: "Rapporti fra terapia ed espressione pittorica nell’analisi di un omosessuale".
Stefano Fajrajzen, sviluppa temi relativi a tecnica e pratica nel trattamento delle psicosi, soprattutto con soggetti affetti da schizofrenia di tipo paranoide, forme borderline della schizofrenia e depressione psicotica (psicosi maniaco-depressiva, depressione in soggetti schizofrenici), “Considerazioni su alcune difficoltà nello studio della schizofrenia"; lavora sull’aggressività, "Alcune considerazioni sull’aggressività contro-transferenziale nel trattamento di pazienti psicotici".
Carlo Traversa, lavora sulla Comunicazione non verbale nel rapporto analitico e sui livelli di proiezione nel disegno e sui relativi problemi diagnostici. Tiene corsi di "Psicologia dinamica dello sviluppo", per i medici di specializzazione in neuropsichiatria infantile presso la Clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università di Roma; un seminario su "L’analisi psicologica dell’atto creativo" per gli studenti di lettere e filosofia; lezioni sulla psicoanalisi in generale per gli studenti di medicina, legge, lettere e filosofia, psicologia.
Anna Maria Muratori, lavora su" Rapporti oggettuali e struttura dell’Io"; nel seminario "Moderne vedute sulla relazione madre bambino" insegna il pensiero di P. Greenacre e D. Winnicott. Vi è in nuce l’interesse sulla relazione analitica che caratterizza la ricerca del gruppo Methodos.
Anna Maria Galdo, lavora sulla psicosi infantile, sulle possibilità di raggiungere, nella terapia dei bambini psicotici, una comunicazione che permetta il superamento della difesa autistica: "Gratificazioni e frustrazione nella psicoterapia di un bambino psicotico".
Lidia Forti, lavora sulle similitudini fondamentali e le differenze formali tra il lavoro analitico con adulti e con bambini: "Utilizzazione della tecnica psicoanalitica in situazioni diverse durante l’infanzia."